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La quarta di copertina: cos’è e come scriverla

Nell’articolo del mese scorso abbiamo parlato della sinossi: cos’è, cosa ci va scritto, cosa evitare. E abbiamo accennato a una sua controparte con cui viene spesso confusa: la quarta di copertina.

La quarta di copertina è, di fatto, il retro del libro. Ma in gergo editoriale, quando si parla di quarta di copertina, o semplicemente “la quarta”, si intende quel breve testo che serve a spiegare al lettore di cosa parla il libro e a invogliarlo all’acquisto. È, in pratica, un testo pubblicitario: il suo obiettivo è aiutare a far vendere il libro. Ma ovviamente non c’è un metodo unico per scriverlo, né possono esistere indicazioni sempre valide.

Roberto Calasso, l’editore di Adelphi, scrive: «Osserviamo un lettore in libreria: prende in mano un libro, lo sfoglia – e, per qualche istante, è del tutto separato dal mondo. Ascolta qualcuno che parla, e che gli altri non sentono. Accumula casuali frammenti di frasi. Richiude il libro, guarda la copertina. Poi, spesso, si sofferma sul risvolto [nei libri con le alette, il testo della quarta viene di solito messo sui risvolti], da cui si aspetta un aiuto. In quel momento sta aprendo – senza saperlo – una busta: quelle poche righe, esterne al testo del libro, sono di fatto una lettera: la lettera a uno sconosciuto.»

Il concetto della “lettera a uno sconosciuto” a me piace molto. Ma a parte questo, ciò che descrive Calasso non è forse quello che succede sempre, quando andiamo in libreria e ci lasciamo rapire dalla curiosità verso libri che non conosciamo? E, rinunciando al tatto, non è forse quello che facciamo anche nelle librerie online? Non compriamo mai – a parte rarissimi casi – libri senza saperne assolutamente nulla: cerchiamo sempre un aiuto che ci faccia capire cosa dovremmo aspettarci dalla loro lettura.

Poco fa parlavo di “testo pubblicitario”, e non vorrei che il concetto fosse interpretato male: non intendo, infatti, che si debba comunicare il contenuto del libro attraverso slogan o utilizzando un linguaggio da televendita. Non ci sarebbe nulla di peggio. Intendo che dev’essere un testo di lunghezza limitata, in grado di catturare l’attenzione – e quindi di non annoiare già il potenziale acquirente – e di comunicare con poche e mirate parole cosa contiene il libro e perché dovrebbe valere la pena spendere dei soldi per comprarlo.

Non dev’essere quindi un “riassuntone”, né una mera spiegazione dell’autore sul perché abbia scritto il libro in questione.

“La storia è ambientata nel 1998. Racconta di un gruppo di ragazzi che si trovano dopo la scuola e passano i pomeriggi insieme, a chiacchierare, a fumare, a girare in motorino. Il protagonista, Piero, non ha più voglia di studiare e vuole diventare meccanico, perché ha la passione per i motori. Andrea e Gianluca sono i suoi migliori amici, e tra loro si raccontano tutto…”. L’ho inventata di sana pianta, ma è così piatta che mi stavo addormentando a scriverla, figuriamoci se sarei mai interessato a comprare un libro sulla base di questo testo.

“Ho scritto questo libro perché in tanti mi hanno detto che ho un dono e che l’avvenimento che ho deciso di raccontare può essere interessante per molte persone. Ho quindi pensato che potesse essere utile anche ad altre persone conoscere cosa mi è successo”: ecco, potrà essere anche l’evento più incredibile della storia dell’umanità ma difficilmente sarò interessato a comprare il libro con questa “quarta”.

E quindi? Come al solito, è molto più facile dire cosa non fare, e di questo facciamo un breve riassunto: niente slogan e niente linguaggio da televendita (quindi, in primis, niente auto-elogi!); e poi, non usare un linguaggio piatto da riassunto, né soffermarsi a fornire spiegazioni personali.

Per quanto riguarda, invece, cosa fare e come, è più difficile dare consigli pratici, e questo per un ovvio e banale motivo: non esiste un libro uguale a un altro (si spera), pertanto non può esistere una quarta o un risvolto uguale a un altro.

Di solito, il testo della quarta lo sceglie e lo scrive l’editore (o la redazione), perché per un autore è molto difficile “staccarsi” dal proprio testo e spiegarlo con questo particolare linguaggio. Gli autori self, ovviamente, non possono contare su una redazione che se ne occupi e devono, nella quasi totalità dei casi, arrangiarsi. Il consiglio che posso dare è molto semplice: prendete quanti più libri potete dalla vostra libreria, leggete le quarte o i risvolti, e prendete ispirazione. Quali vi piacciono? E perché? E che ispirazione potete trarne? Quale stile si può adattare meglio al vostro libro?

Da parte mia, vi lascio con tre esempi presi a caso dalla mia libreria. Tre stili molto diversi, ma che si adattano benissimo ai libri cui si riferiscono.

Crea interesse, no? So già cosa devo aspettarmi, e nello stesso tempo mi incuriosisce. È molto probabile che sarò invogliato a comprare il libro per sapere come si risolve il mistero.

Una breve citazione iniziale, una descrizione veloce ma esauriente di cosa potrò trovare all’interno, un commento finale sul libro e il suo autore. Funziona, no? (Sento qualche lamentela: ma tu ci hai detto di non auto-elogiarci, e qui dice che è “il romanzo che ha catapultato Ellis sulla scena letteraria americana” e che è “il libro culto” di una generazione! Sì, giusto. Ma Bret Easton Ellis è un autore di fama internazionale, e queste cose può permettersele. Tanto più che mica se le scrive da solo: questa quarta l’ha scritta Einaudi, anni dopo la prima pubblicazione di questo libro, che davvero è diventato un libro di culto per la generazione di giovani degli anni Novanta. Penso non sia necessario spiegare ulteriormente.)

Questa, infine, è la quarta di copertina del saggio-biografia che Anthony Burgess ha dedicato a Hemingway. Si nota subito uno stile più “austero” rispetto alle prime due, ma che comunque riesce a catturare l’attenzione del potenziale lettore. Chi arriva a questo libro, infatti, probabilmente è interessato a scoprire dettagli sulla vita di Hemingway, oppure a scoprire cosa pensava Burgess (autore, tra gli altri titoli, di Arancia meccanica) di lui, o entrambe le cose. E probabilmente, leggendo queste poche righe, sarà ancor più motivato a comprare il libro.

Mi fermo qui, ma ci tengo a scrivere un’ultima cosa, per chiudere. Per i libri autopubblicati è di fatto quasi impossibile arrivare ed essere esposti in libreria. Non avviene, quindi, quel processo magistralmente descritto da Calasso, ma il potenziale acquirente si informerà sui contenuti alla voce “Descrizione libro” sullo store dove sta per acquistare. Qui, lo spazio è maggiore rispetto a quello ristretto di una copertina, per cui è lecito essere più generosi nel fornire informazioni o dettagli, senza per forza ricalcare lo stile dei tre esempi di cui sopra. Ma non esagerate: una descrizione lunga o molto lunga verrà saltata quasi automaticamente dal lettore, che sarà quindi meno invogliato all’acquisto.

E non dimenticate che – quasi sicuramente – state vendendo anche la versione cartacea della vostra opera: il fatto che il lettore possa leggere la quarta soltanto dopo aver comprato online il vostro libro – o comunque che non la utilizzi come primo strumento per informarsi, avendone un altro più comodo a disposizione – non vi autorizza ad essere sciatti in merito. Ho visto – e maneggiato – anche ultimamente dei libri self con una quarta di copertina di due, massimo tre, frasi, ma il cui testo riempiva completamente tutto lo spazio: il corpo della font, infatti, era stato ingrandito talmente tanto (ingigantito, potremmo dire) da risultare, alla fine, quasi ridicolo. Ecco, se volete fare del self publishing in maniera professionale, se volete essere presi sul serio anche dal pubblico più esigente, abbiate massima cura di tutti gli aspetti del vostro libro, anche di questo.

E voi, quanto tempo ed energie avete investito per scrivere una quarta convincente? E, da lettori, quale quarta di un libro self vi ha convinto a comprarlo?

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