Flamefrost
due cuori in gioco
Virginia Rainbow
Capitolo 1: La missione
Dall'ampia vetrata dell'astronave, il re Thor osservava il pianeta terrestre che, visto dallo spazio, appariva come una sfera enorme, avvolta in un'atmosfera luminescente.
In quel momento la Terra nascondeva il Sole e una parte di mondo era immersa in una cortina di oscurità immota. Da quella distanza era possibile scorgere innumerevoli luci pulsanti nel buio della notte.
Thor socchiuse gli occhi e lasciò via libera per un istante alle reminiscenze che lo tormentavano.
Scintille di fuoco schizzavano nella galassia di Gorg, sprigionandosi da un enorme ammasso rossastro, che palpitava e gemeva in un'agonia di morte. Investito da un meteorite di dimensioni colossali, d'un tratto si era dissolto alla velocità della luce, esplodendo in una pioggia infinita di meteore. Al suo posto aveva lasciato il nulla cosmico.
Quell'immagine era rimasta impressa nella mente del re con la nitidezza di un ricordo terribile. Il suo pianeta, il suo Luxor, era distrutto, per sempre.
A nulla erano valsi i tentativi della scienza per scongiurare la catastrofe. La forza della natura aveva avuto la meglio sulla perizia dei Luxoriani, che, riuscendo a prevedere con sufficiente preavviso il tremendo impatto, erano fuggiti con le navicelle, prima che fosse troppo tardi. Per il re era straziante rievocare la terrificante scoperta e l'improvvisa partenza. Scorgere la paura scolpita nei volti dei suoi sudditi e l'affanno dei preparativi affrettati di chi sapeva di abbandonare per sempre la propria terra d'origine per un futuro ignoto aveva minato la spessa scorza del suo cuore.
Aprì gli occhi lentamente, tornando a fissare la Terra.
Teneva saldamente in mano un calice di vino e ogni tanto lo sorseggiava, gustandone il sapore aspro e il profumo fruttato, mentre piegava un braccio alla base della schiena nell'abituale gesto di comando.
Il mantello che portava sulle spalle svolazzò leggero, quando si voltò di scatto verso i figli in piedi di fronte a lui: due giovani dall'aria seria lo fissavano in assoluto silenzio, mentre una ragazza, due passi dietro di loro, se ne stava pensierosa, affascinata dalla visione notturna della Terra.
L'ambiente era illuminato da luci fioche che a stento riuscivano a rischiarare gli angoli bui, mentre sul pavimento, nero lucidissimo, brillavano minuscole gemme a formare un'elegante spirale: lo stemma reale dei Velazio.
- Spero capiate l'importanza di questa missione!
La voce grave del re riecheggiò nell'ampia sala. Aveva appena terminato di esporre ai figli il suo progetto… un progetto di vitale rilievo per il prossimo futuro dei Luxoriani.
Li vide scambiarsi una rapida occhiata, ambigua, e trattenne a stento una smorfia di fastidio. Anche se erano tanto diversi l'uno dall'altro, in fondo erano uguali: avevano solo voglia di divertirsi! Ma se volevano continuare a indossare abiti eleganti e tempestati di diamanti ed essere corteggiati dalle più belle ragazze del regno, avrebbero dovuto piegarsi e assolvere i loro obblighi verso la propria casata e verso il popolo. Del resto non esigeva da loro nulla di tanto trascendentale… Dovevano solo collaborare con lui, affinché tutto filasse liscio.
Un fruscio alla sua sinistra lo distrasse.
- Non c'è nulla che possiamo fare per evitarla?
Quella voce cristallina… l'avrebbe riconosciuta ovunque! Sorrise alla moglie, che si faceva avanti nel lungo abito cremisi. Era splendida, la donna più bella che avesse mai visto. La sua pelle, candida come la neve appena caduta, e i suoi fluenti capelli biondi risaltavano nella penombra soffusa della sala, come la luna che domina aggraziata nella notte.
Il re si raddolcì e il suo tono divenne quasi triste.
- No, Sofie. Non abbiamo altra scelta.
I Luxoriani vagavano ormai da cinque anni nell'universo in cerca di un pianeta dove fosse possibile vivere. Ora si trovavano nell'orbita gravitazionale della Terra dei primi anni del Ventunesimo secolo e la spiavano da lontano. In realtà la conoscevano già da qualche millennio, e, se avessero potuto, l'avrebbero evitata. Ma non potevano più temporeggiare. I loro avanzati sistemi permettevano di ricreare, all'interno delle navicelle, un'atmosfera identica a quella di Luxor, in modo tale che gli abitanti, costretti a soggiornarci, potessero respirare e muoversi senza alcun problema, tuttavia non avrebbero potuto reggere ancora a lungo.
La regina annuì con un leggero sospiro e posò sui figli uno sguardo severo.
- Siete consapevoli della vostra responsabilità? – domandò. La sua voce risuonò tagliente, nel silenzio della sala.
- Sì, madre! – giurarono i principi, all'unisono.
- Lo spero bene – soggiunse lei. - I vostri giorni spensierati sono finiti!
Re Thor trattenne fra i denti un'imprecazione. Quei due scansafatiche cercavano di rassicurarli, fingendo una calma affettata, ma erano rigidi e malcontenti. Aveva notato i loro occhi brillare, mascherando un moto di repulsione. Era chiaro che non avevano nessuna voglia di dare fine alle loro gozzoviglie!
- È arrivato il momento di vedere quello di cui siete capaci! – La regina guardò oltre i due ragazzi. - E vostra sorella vi aiuterà, non è vero Christin?
La figlia si ridestò dai suoi pensieri, facendosi prontamente avanti.
- Certo, madre!
La sua figura minuta e gentile contrastava con la maestosità dei fratelli, ma Thor la conosceva bene, e sapeva che aveva una natura resistente e orgogliosa. Avrebbe aiutato i due principi con fermezza. Quella missione sarebbe stata un successo, e loro, finalmente, avrebbero avuto una nuova patria.
Il re sollevò il calice in un brindisi.
- Per la salvezza del nostro popolo! – gridò, assieme alla regina.
I figli fecero eco al richiamo, fingendo uno slancio che, era chiaro, non provavano. E il loro sguardo, sotto le lunghe ciglia, era ancora più cupo.