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Biblion

Merilù Lanziani

Prologo

«Ha una faccia che non mi piace» disse Altair, chinandosi per osservare meglio la ragazza rannicchiata sulla poltrona. «Nessuno dovrebbe sorridere così. Non da morto, almeno».

Gli Esordienti alle sue spalle si sporsero, incuriositi: qualcuno spintonò i più alti per vedere meglio, qualche altro si sollevò in punta di piedi sorreggendosi ai compagni. Bisbigli eccitati e risatine serpeggiarono nell’aria polverosa, mescolandosi ai fruscii dei libri, e per un attimo la biblioteca fu pervasa da un vociare tanto vivace quanto indecoroso.

Per Rastaban era decisamente troppo.

«Fuori dai piedi, sfaccendati!» tuonò l’anziano custode, disperdendo la piccola folla con un gesto stizzito della mano. «Quante volte dovrò ripetervi che i libri non si scrivono da soli?»

L’effetto fu immediato: in un precipitoso turbinio di fogli, ciascuno tornò ai propri compiti tra proteste, mormorii e un cupo imbarazzo. Solo i cinque Esordienti più vicini rimasero dov’erano, stretti intorno alla nuova venuta.

«Forse è felice perché odiava la sua vita» commentò Betelgeuse, accovacciandosi per ispezionare la ragazza morta. «A me, comunque, sembra solo molto ambiziosa… e di questo non possiamo stupirci, visto che noi stessi lo siamo». Le sfiorò con dita prudenti le palpebre, poi le toccò le guance e il collo; le occorse qualche minuto per districarle i capelli, ma finalmente trovò ciò che cercava: l’elice dell’orecchio sinistro, lì dove la pelle era stata piegata in un bozzolo appuntito. La deformazione appariva singolare, del tutto simile all’orecchia che si fa generalmente alla pagina di un libro per tenere il segno. Tutti gli Esordienti esibivano lo stesso sfregio e Betelgeuse istintivamente portò una mano al suo, accarezzandolo.

«Non posso credere che stia davvero sorridendo» ripeté Altair, disgustato. «È così irritante…»

Le labbra della fanciulla attiravano ogni sguardo. Erano piegate in una smorfia inammissibile, a metà tra il trionfo e la sfida, l’arroganza e il piacere.

«Magari credeva che sarebbe stata una liberazione» intervenne Lesath, scrollando le spalle. «O forse l’Ingobbito le ha mostrato meraviglie che vanno al di là della nostra comprensione».

Rigel sbuffò.

«Siete ridicoli. Potrebbe essere morta mentre le facevano il solletico, per quel che ne sappiamo. E comunque, se proprio dobbiamo preoccuparci per qualcosa, preghiamo che si svegli in fretta. Stiamo perdendo tempo, e abbiamo ancora molti libri da scrivere» concluse, seccato.

«Eppure, non vi sembra strano?» domandò Merope, esitante. «È arrivata quasi un anno dopo di noi! Era mai successo che qualcuno si presentasse così in ritardo?»

Tutti gli sguardi corsero a Rastaban. Il custode fissava di malumore il cadavere e non sembrava particolarmente desideroso di partecipare alla conversazione.

«Certo che era già capitato» ammise infine, controvoglia, schiarendosi la gola. «In ogni caso, non sono affari che vi riguardano» brontolò.

Altair e Lesath si scambiarono un’occhiata.

«Gli Esordienti necessari alla nostra sottosezione non sono cinque?» chiese Betelgeuse, rimettendosi dritta. Arretrò di un passo dalla poltrona, la fronte aggrottata. «Significa che avremo meno storie da scrivere? Oppure lei è qui per occuparsi di altro? Ma di cosa?»

«Non lo so» Rastaban allargò le braccia, sospirando. «Non ne ho la minima idea. Nessuno può sapere cosa passa per la testa dell’Ingobbito».

«Be’, non sarà poi così male avere un aiuto in più!» Lesath si aprì in un sorriso incoraggiante. «Forza, cerchiamo di essere positivi! Siamo qui per festeggiare una nuova Esordiente!»

«Sicuro, infatti aspetto che riprenda conoscenza per tirare fuori trombette, stelle filanti e ombrellini da cocktail» ribatté Rigel, alzando gli occhi al cielo. «Ho di meglio da fare che stare a guardare una tizia defunta, grazie».

«Taci, imbecille» abbaiò Rastaban. E su quella infelice battuta Arianna Hiemis, finalmente, si svegliò.

La prima cosa che vide fu il suo libro: era ancora lì, appoggiato per terra accanto a lei, completamente fradicio.

La ragazza allungò una mano per afferrarlo, tremando, ma le pagine si spappolarono e del volume restò solo una sbiadita poltiglia grigiastra.

Un’ampia spiaggia la circondava, tanto estesa da non riuscire a scorgerne la fine. Il cielo era oscurato da nuvole basse e una pioggia gelida cadeva infrangendosi sugli scogli, silenziosa e affabile, tintinnante come metallo. La giovane restò a fissarla per un po’. Si sentiva così confusa che ci mise un paio di minuti prima di rendersi conto che si trovava sulla sabbia, distesa tra le pozzanghere.

Il dolore all’orecchio era insopportabile. Arianna cercò a tentoni la ferita, le mani affondate tra i capelli incrostati di sangue, quando un rumore improvviso la immobilizzò.

«Giunge la bella, ma il corpo non più. Dimmi, anima, l’hai perduto nel blu?» cantò una voce infantile dietro di lei.

Appoggiata al legno marcio di un palo d’ormeggio c’era una bambina. Era mingherlina e spigolosa, con una zazzera di riccioli scuri lunghi fino alle spalle e un visetto cosparso di lentiggini, che suscitava simpatia istintiva; simpatia che si tramutò ben presto in pietà non appena Arianna si accorse che era cieca.

«Devo controllare la ferita» mormorò la piccola. Con passo incerto si avvicinò quanto bastava per tastarle il viso, quindi le poggiò due dita sull’orecchio sinistro, fresco di Segnatura, strappandole un gemito di sofferenza. «Bene, ormai si sta cicatrizzando» annunciò, soddisfatta. «Presto ti sentirai meglio, non temere. Ce la fai ad alzarti?»

Con la vista offuscata e la testa ciondolante, la ragazza si mise in piedi. Riuscì persino a muovere un paio di passi sulla fanghiglia prima di essere travolta dai conati.

Vomitò a lungo, il corpo scosso da brividi.

«Coraggio, coraggio» sussurrava la bambina, tristemente.

«I libri… che ne è dei libri? E lui, lui dov’è?» balbettò Arianna, la bocca impastata. Sentiva ogni fibra del suo essere gemere di dolore, le ossa schiacciate, i muscoli indolenziti, lo stomaco in subbuglio. Eppure, dentro di lei scalpitava il desiderio di sapere, di conoscere quella verità che le era stata mostrata: una sensazione tanto vorace da cancellare tutto il resto.

«Non avere fretta» disse la sua guida. «Presto incontrerai gli uni e l’altro, e allora rimpiangerai questo momento. Adesso seguimi, per piacere. La strada non è lunga».

Ci volle del tempo prima che Arianna fosse in grado di camminare e anche in seguito dovette fermarsi spesso, preda di capogiri e nausee.

Procedettero in silenzio, attraversando l’immensa spiaggia slavata che pareva senza confini. Ovunque volgessero lo sguardo c’erano solo il mare e qualche albero spoglio, con l’esile fusto che allungava i suoi rami verso il nulla.

La ragazza dovette stringere gli occhi mentre avanzava, le scarpe che sprofondavano diventando sempre più bagnate.

«Non è reale» continuò a ripetersi, smarrita e febbricitante, anche se in cuor suo sperava ardentemente di sbagliare.

S’inoltrarono in una zona in cui la vegetazione era più fitta. Arianna si appoggiò a uno dei tronchi, esausta, e mentre si guardava intorno si accorse che accanto a lei non c’era alcun albero.

L’inquietante scoperta la colpì con la forza di uno schiaffo: quelle che aveva creduto piante erano in realtà croci, alte due, tre, persino cinque metri. Allibita, si scostò di scatto e quasi inciampò in una lapide semisepolta nella sabbia. Lo sguardo le cadde sull’iscrizione: non era un nome, ma un titolo.

Erano in un cimitero di libri. Un cimitero di proporzioni incalcolabili, che si estendeva per chissà quante centinaia di chilometri intorno a loro.

La bambina non parlava. Lo scrosciare delle onde si confondeva con il debole sussurro della pioggia e il silenzio era tale che la mente della ragazza iniziò a vacillare.

Fu allora che accadde: un forte vento caldo si sollevò spazzando via le nubi e trasformò le gocce in chicchi d’argento, gli stessi che formavano la spiaggia. I frammenti precipitavano come pioggia e Arianna aprì la mano per raccogliere uno di quegli imprecisi, leggerissimi pezzetti dalle estremità annerite. Carta bruciata, ecco da cosa era costituita la sabbia che calpestavano. Stavano camminando su brandelli di pagine date alle fiamme, sulla cenere di storie divorate dal fuoco.

«Di qua» disse la bambina.

Indicò una lunga scalinata di pietra che s’inerpicava fin sulla cima di un promontorio, dove s’intravedeva il profilo di un immenso edificio a strapiombo sul mare, l’unico dell’intera isola. Scolpito nella pietra bianca, pareva quasi un’estensione della roccia, come se la scogliera avesse allungato un braccio nel vano tentativo di sfiorare il sole. Arianna riusciva a scorgere i tetti e, poco più sotto, balconi e davanzali affollati di libricini appollaiati, intenti a frullare le pagine come fossero ali. Si trattava di curiosi dispositivi meccanici in grado di volare, minuscoli automi dotati d’ingranaggi; l’uomo glieli aveva mostrati prima della partenza, eppure la ragazza ebbe qualche difficoltà a non scambiarli per veri uccelli tanto erano aggraziati e sinuosi nel volteggiare.

«Sei arrivata a Biblion» mormorò la bambina, e lacrime tristi le solcarono le guance. «È un cammino di gloria e disperazione, ma è pur sempre la strada che hai scelto. Va’!».

Arianna sorrise, raggiante, e cominciò a salire la scalinata che conduceva alla Biblioteca Universale.

«Giunge la bella, ma il corpo non più. Dimmi, anima, l’hai perduto nel blu?» furono le ultime parole che udì. Dopodiché gli scalini vennero inghiottiti dal buio e al loro posto apparvero libri di ogni dimensione, immensi come enciclopedie e minuscoli come coriandoli, e ai due lati del corrimano spuntarono dorsi, e copertine… Arianna sentì le forze venir meno e la nausea impossessarsi di lei. La testa le girava, mentre una sala stracolma di volumi prendeva forma sotto ai suoi piedi e sopra ai suoi occhi. La ragazza si sentì precipitare e poi sospingere, e non riuscì più a capire dove fosse l’alto e dove il basso. Preda delle vertigini, dovette reggersi alla prima sporgenza che le capitò a tiro, e quella sporgenza era il bracciolo di una poltrona. Si abbandonò sul sedile, delirante di febbre, e scoppiò in una risata incredula. Rise, rise e rise ancora, poiché era giunta a Biblion. Finalmente, la sua vita sarebbe cambiata.

Cullata da quel pensiero, chiuse gli occhi, pronta a godersi il risveglio.

Proprio mentre altrove, molto lontano da lì, si celebrava il suo funerale.

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Merilù Lanziani

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Leggi l'anteprima

Immagina che alla tua morte ti sia data una seconda possibilità. Un’occasione unica, irripetibile, concessa solo a pochi eletti: quella di diventare un Esordiente di Biblion, e di poter scrivere la vita di chiunque stia per nascere sulla Terra, affiancando il dio-scrittore, l’Ingobbito, nel decretare i destini dell’intera umanità. Chiudi gli occhi. Riesci ad accarezzare l’idea? Dimmi, non ti senti mancare il fiato? E ora immagina, ancora: una cattedrale di romanzi senza fine, con migliaia di scaffalature, ascensori dorati, volumi polverosi e stanze suggestive quanto segrete, in cui s’innalzano in volo libri alati, draghi di carta e getti d’inchiostro multicolore…

Questa è Biblion, la Biblioteca Universale. E al suo interno, tra misteri, omicidi e storie di sangue, tutti gli indizi portano a un’unica, grande domanda: chi sta scrivendo davvero la tua storia?

L'autrice

lanziani

Merilù Lanziani è un ornitorinco.
Solo il venerdì, però; il resto della settimana è un editor freelance e collabora con alcune case editrici italiane.
Anche se avrebbe desiderato allevare dinosauri, alla fine, per qualche strana ragione, si è innamorata dei libri per ragazzi, infatti adesso passa il suo tempo libero a togliere le caccole che trova appiccicate tra le loro pagine. A forza di accumularne (di caccole, ma anche di romanzi e albi illustrati), nel 2013 ha fondato il celebre blog di recensioni www.spulcialibri.it.
Vi dirò, gli stegosauri le mancano molto.

Il suo sito web


Perché l'abbiamo scelto

Merilù Lanziani ci catapulta con la sua fantasia nell’idillio di ogni lettore: Biblion, la Biblioteca Universale dove sono raccolte e scritte le vite di ogni essere umano.

Pagina dopo pagina, l’autrice riesce a creare un intero mondo parallelo, in un grande puzzle in grado di agganciare il lettore pezzo per pezzo. Uno stile pulito e scorrevole, unito a un ritmo incalzante e a un’ambientazione minuziosamente costruita, invogliano a proseguire nella lettura e a immergersi completamente in questo fantasy.
I personaggi poi, con i loro caratteri spesso controversi, prendono letteralmente forma davanti ai nostri occhi, costruendosi sempre più man mano che la trama si sviluppa.

La professionalità della Lanziani riesce qui a dar vita a un romanzo ben costruito, in grado di solleticare la fantasia di ognuno di noi e di accontentare l’immaginazione del più fervido lettore.