Vorrei camminare come fanno i bambini
Giovanna Avignoni
Stava lì, immobile e lo osservava.
La guancia poggiata sullo stipite della porta del bagno appena socchiusa, le mani sudate strette sull'abito rosso quasi pronte a strapparlo e a farne brandelli.
Lo guardava impaurita e con il timore che i suoi pensieri potessero aprirsi una strada e liberarsi benché lei, in cuor suo, non fosse ancora pronta.
Si stava radendo la barba con cura e maestria, spuntando con le forbicine ben affilate quella peluria ribelle che era sfuggita al filo tagliente del rasoio.
Era ancora l'alba, ma lui era già sveglio da qualche ora, abituato ad alzarsi presto e a guardare gli uccelli volare e poi posarsi tra i rami del grande albero piantato nel giardino, proprio davanti alla finestra della piccola sala da pranzo.
Come ogni mattina aveva parlato con quegli animali che non potevano rispondergli e, immancabilmente, aveva discusso con sua moglie con l'impazienza di chi sente il tempo fuggire e la rassegnazione stanca di chi non ce la fa ad aspettare una risposta ormai quasi sempre scontata.
«Basta, lasciami dormire, è presto!»
Sempre le medesime parole che seguivano a richieste di amore sussurrate costantemente con lo stesso tono di voce, ogni giorno alla stessa ora e con la speranza di poter essere ascoltate. Riusciva a sentire tutto attraverso il muro sottile che divideva la sua camera da quella dei genitori, ma si era pigramente girata nel letto e aveva chiuso gli occhi serrandoli più forte che poteva.
Non sopportava svegliarsi in quel modo, odiava quelle voci bisbigliate ma, chiaramente, poco controllate.
Lo osservava mentre, ancora furioso ma padrone indiscusso dei propri movimenti, passava abilmente il rasoio sul viso teso. Pensò che suo padre sarebbe riuscito a radersi anche senza guardarsi allo specchio, persino a occhi chiusi perché ormai da anni la sua mano seguiva spontaneamente i contorni di quella barba sempre uguale.
Avrebbe tanto voluto raccontargli il suo segreto, ma la voce stentava a uscire come se avesse paura di farsi sentire, sebbene quell'assordante silenzio interiore le martellasse la testa e le facesse eco rimbalzando sempre nello stesso modo sulle pareti interne del cuore.
Era un urlo silenzioso e costante che tentava di aprirsi una breccia, ma che tornava indietro soffocato e dolorosamente più intenso.
«Quanto ti vorrei parlare papà, ti racconterei le mie paure e i miei segreti. Invece non ce la faccio. Continuo a guardarti mentre sento il cuore fermarsi insieme alle mie parole e ai miei pensieri troppo grandi per essere quelli di una bambina. Non riesco a dirti nulla e ti guardo in silenzio, aspettando che arrivi il coraggio».
Quasi senza guardarla volse lo sguardo verso la sua parte: gli occhi apparivano freddi e distanti, ancora pieni di rabbia per l'immancabile lite mattutina con la moglie, le disattese speranze e quella sua inesprimibile voglia di amare.
Ogni attimo della propria vita per lui era routine ma, ormai, non poteva più farne a meno perché il tempo era imbrigliato sempre negli stessi rituali, in quei gesti consueti che gli riempivano una vita vuota, rigorosamente priva di imprevisti, tracciata su binari paralleli che non lo avrebbero più potuto condurre verso nessuna meta.
Deterse con cura il rasoio che una volta era stato di suo padre, asciugò il pennello della barba con un panno morbido e pulito e chiuse il barattolo del sapone.
Con una esasperante meticolosità, così come era solito fare ogni mattina, ripose tutto nello sportello sinistro del mobile mettendo ogni oggetto rigorosamente allo stesso posto, prestando attenzione a non sbagliare neanche di un millimetro e, silenziosamente, lasciò la stanza da bagno.
Del suo passaggio quasi non rimaneva traccia, tranne qualche goccia d'acqua a terra e l'asciugamano inumidito e intriso del profumo della sua pelle appena lavata.
Anche quella mattina non era riuscita a confessargli il suo segreto né a manifestare il suo amore.
Lo stipite della porta, al quale era stata appoggiata per tutto il tempo, le aveva lasciato un segno obliquo leggermente rosato sulla guancia.
Certamente una sciacquata al viso poteva essere sufficiente affinché la pelle morbida e liscia riprendesse il suo normale aspetto.
Con la stessa facilità avrebbe tanto voluto lenire anche quel fortissimo senso di ansia ma, in quel caso, neanche l'acqua fresca che scorreva allegramente dal rubinetto lucido del bagno, avrebbe potuto produrre alcun effetto benefico.
Così rimase ferma immobile, con le parole impigliate tra le pieghe del suo splendido abito rosso, ad aspettare che il coraggio, prima o poi, riuscisse a spianarle e liberasse l'orribile segreto insieme alla sua incommensurabile angoscia.