estratti d'autore
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Kappa e Pepito di Riccardo Bruni
Elliot Erwitt una volta ha parlato di talento, disciplina e fortuna. Per chi non lo sapesse, Elliot Erwitt è un grande fotografo. È uno di quelli che un giorno ti dicono “Sai, quella foto… hai presente? Ma sì, dai. Ecco, proprio quella: l'ha fatta lui.” Insomma, riguardo a talento, disciplina e fortuna, ha detto che se queste cose le hai tutte e tre emergi di sicuro, ma se invece ne hai solo due devi cercare di lavorare molto su quelle se vuoi farcela lo stesso. Su questa cosa delle tre caratteristiche, Kermit (il nomignolo gli era stato affibbiato per una vaga somiglianza con la rana dei Muppets, dovuta forse all'uso di occhiali dalla forma tondeggiante) aveva riflettuto molto, giungendo alla conclusione che, probabilmente, quell'affermazione non era del tutto falsa. Il problema, semmai, è che le cose a volte sono appena appena più complesse.
La disciplina a Kermit non è mai mancata. Sia nello studio sia in altri campi, dove ha raggiunto risultati davvero degni di lode, che non hanno avuto il plauso che meritavano soltanto per la scarsa considerazione in cui, del tutto erroneamente, è tenuto il gioco di ruolo online.
Con dedizione ha tentato la via del giornalismo, collaborando per un paio di anni con il Gazzettino di ***, per il quale ha collezionato una lunga serie di articoli il cui protagonista era sempre la stessa persona: il presidente dell'Associazione Imprese Territorio, che finanziando il novanta percento degli introiti pubblicitari del giornale era una specie di entità onnipresente e onnisciente, in grado di rendere il mondo un posto migliore con la sua visione di promozione territoriale e le sue articolate opinioni su tutto il resto dello scibile umano. Per i prodotti della tradizione locale si apriva ogni giorno un futuro radioso, per Kermit arrivavano mille euro (lordi) ogni tre mesi. E di trimestre in trimestre, iniziò a rendersi conto che la disciplina faceva parte del suo corredo tanto quanto la fortuna era, almeno per il momento, tragicamente assente. Il che ci porta a considerare il talento. Qui il problema principale, la fregatura di cui Erwitt non ha parlato, forse perché la sua dose di fortuna lo ha messo al sicuro da certe riflessioni, è che il talento può assumere molteplici forme ed è solo questione di fortuna, ancora, se quella che possiedi è quella giusta oppure no.
Sebbene la sua collaborazione con il Gazzettino non fosse sufficiente nemmeno a pagare l'affitto, è fuori da ogni possibile dubbio che scrivere un articolo di tremila battute su una caciotta che diventa presidio Slow Food richieda qualcosa che ha, in qualche modo e comunque, a che fare con il talento. Ma il dubbio, che quella maledetta affermazione di Erwitt ti lascia addosso, è che se alla fine non riesci a emergere – e parliamoci chiaro: per “emergere” Kermit intendeva anche solo lavorare per il Gazzettino ma con qualcosa di più simile a uno stipendio di quei mille euro (lordi) a trimestre – è perché il tuo talento non è abbastanza. Riesci a conviverci? C'è chi resta stritolato da una cosa del genere. C'è chi, nel dubbio che sia stata la disciplina a difettare, si condanna a uno stile di vita di autoflagellazione e penitenza, per non sprecare quel talento che, purtroppo per lui, è davvero convinto di possedere. “Ne avrò abbastanza? Il mio talento andrà sprecato per la mia colpevole assenza di disciplina? E la fortuna? Qualcuno l'ha vista passare?” Ed è così che, nell'attesa di trovare una risposta per uscire da una pericolosa situazione di stallo, il nostro K (possiamo passare alla sigla, che tra l'altro suona come una citazione colta) ha abbandonato il giornale e ha fondato la Kappa (fantasia…) Marketing, di cui è l'unico dipendente.
Di cosa si occupa? Scrive recensioni. False.
Non vorrei che il lettore si facesse un'opinione sbagliata del nostro protagonista soltanto perché da qualche tempo ha deciso che gli scrupoli morali hanno preso lo stesso treno sul quale è salita la fortuna. Arriveranno insieme, tutto qui. Nel frattempo è ancora una volta sul talento che dobbiamo concentrarci. E quale fosse il suo l'ha capito nel tempo. In quel poco che ha passato lavorando per il giornale, per esempio, la tizia che si occupava della vendita di spazi pubblicitari per la concessionaria, si chiamava Claudia e aveva delle buone carte da giocarsi sul piano delle vendite, gli disse una volta che un sacco di settori avevano smesso di acquistare spazi pubblicitari e si erano dati ad altri modelli di marketing.
«Prendi un ristorante, per esempio» gli disse di fronte alla macchinetta del caffè della redazione, il principale luogo di aggregazione e scambio di vedute.
«Di che tipo?»
«Di qualsiasi tipo. Cucina tradizionale, giapponese, pesce o carne o vegan, quello che ti viene in mente. Vuoi andare a cena in un posto che non conosci, perché se già lo conosci è un discorso che non riguarda più la pubblicità. Mi segui?»
«Diciamo che mi va una pizza.»
«Una pizza, perfetto. E dove la cerchi la pizzeria?»
«Su TripAdvisor.»
«Esatto. E non c'è soltanto TripAdvisor, quello è solo il più famoso, poi ce ne sono molti altri, più specializzati. C'è il portale che si occupa di spaghetterie, quello che si occupa di pizzerie, quello che si occupa di osterie. Che senso ha farsi pubblicità su un giornale o sulle Pagine Gialle, quando ormai i canali in cui si sceglie un ristorante sono quelli?»
Semplice, cristallino. Claudia estrasse il suo caffè lungo senza zucchero dallo sportellino del distributore e tornando nel suo ufficio, accompagnata dal ticchettìo di un tacco dodici, lo lasciò lì a meditare di fronte al display illuminato.
Precario e afflitto, drammatico come un personaggio di Dostoevskij, quel giorno K stava lavorando a un avvilente servizio sulle luminarie di Natale, offerte ovviamente dall'Associazione Imprese Territorio, ma la vera illuminazione fu quella che si accese nella sua testa sotto forma di domanda: quanto sarebbe disposto a investire il proprietario di un ristorante per avere delle ottime recensioni e salire nella classifica con tanto di stellette? A questo punto il lettore si chiederà se effettivamente una pratica simile riguardi ancora il campo del marketing oppure faccia piuttosto già parte di un altro settore, più simile alla truffa. Ma, e non lo dico per una qualche forma di solidarietà tra narratore e personaggio, non è forse lungo questa linea sottile che si muove da sempre il creativo mondo della pubblicità? Voglio dire, che significa “Più bianco del bianco”? Non esiste niente più bianco del bianco, e allora? Fatto sta che, dopo aver ricevuto la sua epifania, K prese a setacciare internet cercando ristoranti e controllando la loro posizione nei principali portali dedicati. Una specie di indagine di mercato. E nel giro di qualche giorno, tutto ebbe inizio. Il primo contatto, il secondo, il terzo, e prima che se ne rendesse conto la cosa prese semplicemente a funzionare.
Trovava i contatti sui loro siti e inviava questa email:
Gentile ristoratore,
Dopo aver eseguito un'attenta analisi della situazione attuale sulla vostra immagine nel sito web di recensioni ***, la contattiamo per offrirle la possibilità di una scalata della classifica sicura e veloce. Per i nostri clienti abbiamo sviluppato dei pacchetti di recensioni positive, adattabili a ogni vostra esigenza e richiesta. I commenti possono essere anche sviluppati in lingua straniera oltre che essere finalizzati a esaltare un particolare aspetto da voi proposto. Abbiamo attualmente due pacchetti di recensioni in offerta:
- 10 recensioni positive al prezzo di 50 euro
- 20 recensioni positive al prezzo di 100 euro
Per qualsiasi dettaglio o ulteriori domande, non esitate a contattarci
Cordiali saluti,
Kappa Marketing
Quando qualcuno rispondeva, K inviava i dettagli per il pagamento, si faceva mandare il menu e un paio di foto, di piatti o del locale, e si metteva a scrivere. Per caricare le recensioni sul portale utilizzava un programma che modificava il suo indirizzo Ip, affinché non si capisse che tutte quelle recensioni arrivavano dallo stesso computer.
Orario di ufficio 9-18 – a proposito di disciplina – e mezzora di pausa pranzo, per la quale si limitava a spostarsi dalla scrivania della sua camera al tavolo di fronte all'angolo cottura dell'appartamento, condiviso con un promotore finanziario che aveva sempre incontrato di rado e che, per la capacità di vivere in due condizioni ambientali così diverse, come l'ufficio vestitocravattato della sua agenzia e lo squallore neorealista di quella grotta malsana a mille euro mensili, aveva chiamato l'Anfibio.
Abbiamo mangiato una strepitosa pizza cotta nel forno a legna; da queste parti la specialità è la grigliata mista di pesce; l'accoglienza è ottima e il personale gentile e preparato; una selezione di vini niente male; lo stracotto al Barolo è di primissima scelta; le crespelle, i tortellini fatti a mano; se cercate il giapponese questo è il posto giusto; il fritto misto è spettacolare; siamo stati benissimo.
Tutti posti in cui, ovviamente, K non aveva mai messo piede. Non gli sarebbe certo dispiaciuto, qualche volta, ma l'agenzia era ancora agli albori e non aveva raggiunto il volume d'affari adeguato per darsi alla pazza gioia.
Per stimolare la crescita della domanda, però, K aveva elaborato un sistema in grado di aumentare la propensione dei ristoratori ad accettare la sua offerta: un bel pacchetto di recensioni negative che abbassava la posizione in classifica e la valutazione generale del locale. Dicevamo, a proposito del talento.
Servizio pessimo qui non sanno cosa sia la gentilezza; assolutamente da evitare; la carne era troppo cotta; il pesce aveva un saporaccio; gli antipasti sono arrivati dopo un'ora dall'ordinazione; il posto era freddo senza riscaldamento; il posto era caldo senza aria condizionata; il conto era troppo alto per quel poco che abbiamo mangiato .
Giudizi a una stelletta, due stellette. L'immagine del ristorante sul portale iniziava a farsi imbarazzante, K faceva passare un po' di tempo e poi inviava di nuovo l'email con la sua offerta di recensioni positive. A quel punto, la percentuale di chi accettava un pacchetto aumentava. E allora via con Ottimo rapporto tra qualità e prezzo; la cucina tradizionale non è per tutti, ma qui è davvero di ottima qualità; non capisco i commenti negativi, sono stati tutti gentilissimi e hanno persino sopportato i nostri due bambini che sono molto vivaci; ci siamo ritornati dopo una prima volta e siamo stati benissimo; lo consiglio soprattutto a chi vuole passare una serata tranquilla, mangiando bene e pagando il giusto.
Ma K non poteva certo prevedere tutto. Ed è così che un giorno accadde qualcosa che mise in crisi la sua attività.