Melody e il mondo di Armonia
Rudy Mentale
Capitolo 1
La Regina Pentagrammastrong>
Tutto ebbe inizio in una fresca giornata di sole, preceduta da un'insolita successione di giorni di pioggia battente, in quella fase dell'anno che chiude la stagione fresca lasciando finalmente spazio a una nuova luce e a temperature più gradevoli e che, altrove, va sotto il nome di Primavera.
Ad Armonia è sempre Primavera. Proprio così, ad Armonia non esiste una vera e propria stagione fredda. C'è chi dice sia dovuto alla giovialità e al buonumore degli abitanti del regno, chi preferisce appellarsi alla benevolenza degli spiriti della musica che vegliano sul loro regno preferito.
Sta di fatto che da sempre su Armonia dominano il bel tempo e le gradevoli temperature… Da sempre, certo, anche se in quell'anno, in quello strano, insolito e inquietante anno, il freddo aveva fatto una lunga permanenza sul regno, spargendo un diffuso senso d'inquietudine che tutti tacevano in una sorta di scaramantico rito propiziatorio collettivo. Poi finalmente la bella stagione fece ritorno e con essa un bel sole caldo.
La regina Pentagramma, nonostante i suoi cinquantadue anni, aveva partorito da pochi giorni la sua primogenita. Va precisato che ciò accadde in una notte di violenti temporali, tra lampi e tuoni che confusero le grida della piccola Consonanza fra impressionanti boati.
La regina, stanca della lamentosa prudenza dei suoi medici, decise di fare una lunga passeggiata a cavallo, in compagnia dei suoi fidi scudieri, fino al sentiero che delimitava la Foresta Oscura.
I dottori si erano prodigati a sconsigliarla: dopo così poche ore dalle fatiche di un parto tanto difficile e doloroso, una passeggiata a cavallo poteva rappresentare un rischio per lei, anche se era un'abile cavallerizza. Lei non volle sentire ragioni. Quella lunga stagione di piogge aveva intristito il suo popolo e, più di ogni altra cosa, le premeva dimostrare ai suoi sudditi che quella grigia stagione era finita… e quando sua altezza Pentagramma si metteva in testa una cosa, nulla e poi nulla poteva farle cambiare idea.
L'aria fresca del mattino, l'erba ancora umida e i profumi densi delle nuove fioriture dai mille colori invitarono la regina a prolungare la cavalcata con giovanile entusiasmo, come da tanto tempo non le accadeva. Ciò spinse la non più giovane regnante a osare oltre la sua resistenza.
Chi può dire che ciò che accadde fosse dovuto al caso o a un disegno prestabilito? Fu così che, dopo essersi stancata oltre misura, si concesse un meritato riposo alla base di una grossa quercia. Invano gli scudieri l'avvisarono che non era prudente fermarsi in quel luogo così esposto ai pericoli senza la protezione di una guardia adeguatamente armata, ma la regina non volle sentire ragioni. L'aria le accarezzava il volto aggraziato. Ella chiuse gli occhi e inspirò per quanta aria potessero contenere i polmoni, quando riaprì gli occhi di soprassalto. “Cos'è stato?”
Gli scudieri si guardarono attoniti. “Nulla regina. Non abbiamo sentito nulla.”
“Non dite stupidaggini. Quello che ho sentito era un… sembrava un… vagito.”
“Un vagito?!” Ripeterono in coro sbigottiti.
“Sì! Il vagito di un neonato.” Ribadì, balzando in piedi. “Forza, cercate qui attorno, trovatemi quell'infante!”
Perplessi, gli scudieri presero a spostare con cautela i rami dei cespugli con le loro lance.
“Fate piano con quelle armi!” Disse lei, perentoria “non vorrete per caso ucciderlo.”
Nessuno vide alcunché e si guardarono dubbiosi.
“Ossignore! Non vorrete dirmi che la mia vecchiaia è così precoce da giocarmi questi brutti scherzi?!”
“Non abbiamo trovato nulla, Altezza.”
La regina, delusa, si passò le mani fra i capelli cercando di aggiustare la lunga treccia che aveva arrotolato sulla nuca sotto il copricapo e che le stava scivolando sulle spalle. Sistemò tutto con un paio di collaudati gesti, si fregò le mani sulla pettorina di seta e disse seccamente “Andiamo. Torniamo al castello.”
Gli scudieri si precipitarono per aiutarla a salire a cavallo, quando ella si arrestò di nuovo.
“Questa volta lo avete sentito anche voi?”
Gli scudieri confermarono sicuri. La ricerca fu più attenta. Il pianto si ripeté e guidò uno di loro nelle vicinanze di un torrente.
“Il rumore dell'acqua corrente ci aveva tratti in inganno.” Disse scusandosi.
Lei gli accarezzò la testa amorevolmente. “Ci sono rumori che una donna sa riconoscere meglio di qualunque uomo.”
“Eccolo qui.” Disse uno scudiero appoggiando a terra con delicata soddisfazione una cesta di cannucce intrecciate, ricoperta da un panno rosa.
Sotto quel drappo qualcosa si muoveva. “Vediamo un po' cosa c'è qui…” Disse la regina, sollevando un lembo, e sorrise.
Capitolo 2
Il Regno di Armonia
Il regno di Armonia si estendeva in una vallata delimitata su due lati dalla Foresta Oscura e, sugli altri due, da un’imperiosa catena montuosa nella quale svettava su tutti il Monte Orecchio.
La Foresta Oscura era un’estesa macchia di vegetazione fitta e impenetrabile, una selva di alberi ad alto fusto, dai cui rami scendevano trame di liane e arbusti cadenti così impenetrabili che perfino la luce, nelle giornate più radiose, faticava a insinuarsi, se non attraverso minuscoli spiragli che attraversava come lance luminose, rendendo i contorni del paesaggio ancora più incerti e inquietanti.
Laddove non poteva la luce del giorno, però, poteva la musica. Essa s’infilava in quel fitto intrigo con elastica agilità, rimbalzando da un tronco all’altro, accarezzando le foglie, alitando sui petali dei fiori intonati, entrando e uscendo dalle cavità dei tronchi come flautata. Così che, qualunque sventurato si trovasse a dover affrontare la difficile attraversata, poteva avvalersi di uno strumento musicale o del bel canto, se ne fosse dotato, e gli uccellini filoconduttori sarebbero comparsi all’improvviso e lo avrebbero guidato sul giusto sentiero fino a destinazione, senza alcun rischio per lui e per i suoi accompagnatori.
In caso contrario, i problemi sarebbero stati parecchi, a cominciare dalla presenza dei temibili Briganti Andanti. Si diceva che fossero piccoli esseri dai capelli lunghi e crespi fra i cui grovigli s’impigliavano le pessime idee che li rendevano estremamente irascibili.
Quando ciò avveniva, per lo sprovveduto di turno, così supponente da tentare il pericoloso viaggio ignorando la musica e il suo fondamentale aiuto, non c’era scampo. Essi si divertivano a depredarlo di ogni suo avere, vestiti compresi, volteggiandogli attorno come un turbine di vento. Invisibili e rapidi come la folgore, lo lasciavano ignudo e indifeso a fronteggiare le insidie della foresta. In verità, nessuno li aveva mai visti, per quanto molti ne fossero rimasti vittime, e ciò che si diceva di loro stava fra il mito e la leggenda. La sola cosa certa è che erano talmente veloci a portare i loro attacchi che ci si accorgeva del loro passaggio solo dopo.
Questo era il mondo di Armonia e qui non esisteva nessuno che non avesse conoscenza della musica o padronanza di qualche strumento musicale.
Il Monte Orecchio dominava imperioso la valle come un grande saggio seduto. Lungo le sue pendici, in un ripido scosceso rivolto a valle, si trovava la Caverna Auricolare, dove Timpy, Cudy e Marty, gli instancabili manovratori, elaboravano da sempre i suoni che gli abitanti di Armonia producevano e ascoltavano.