La crisi delle certezze e dei canoni comportamentali in: “Candida” di George Bernard Shaw
Sergio Bertoni
Prologo
Ogni opera artistica ci comunica un’interpretazione del mondo e della vita che è sempre connessa con la realtà sociale esistente nel momento storico in cui l’opera stessa è stata concepita.
Analizzare un’opera d’arte, qualunque essa sia, vuol quindi dire eseguire un processo di storicizzazione, ossia conoscerne il clima storico culturale che ha caratterizzato, e improntato di sé, la vita e il mondo spirituale dell’artista, percepire la trama ideativa più intima e profonda, talvolta inconscia, della sua opera, e decifrare i complessi segni connotativi che trovano la loro origine in una prospettiva culturale che ha un suo preciso radicamento storico.
Dalla nascita alla morte, l’uomo vive come membro di una società e ne subisce la costante, condizionante, e pervasiva influenza. Ogni tipo di società, in qualsiasi epoca, presenta la caratteristica di essere una collettività organizzata di soggetti interagenti che tendono a condividere credenze, comportamenti e regole di azione, i cui modi di essere si manifestano secondo una serie di convenzioni.
Per quanto una società possa ritenere di essere rispettosa della dimensione umana singola, è inevitabile che il processo di “incorporazione” attraverso il quale l’individuo entra a far parte della comunità, comprenda importanti elementi di destrutturazione dell’identificazione di sé, e debba quindi essere considerato come un vero e proprio condizionamento.
I rapporti tra personalità e sistema sociale sono, pertanto, un perenne conflitto tra il comportamento interiorizzato, vale a dire la personalità, e il comportamento prescritto, vale a dire il sistema sociale. Questo incontro/scontro è definito da alcuni sociologi come azione formativa ininterrotta e pressante, esercitata dall’organizzazione esterna sulla personalità individuale, allo scopo di renderla più congruente al ruolo che deve svolgere.
Nell’esame del testo di “Candida” il nostro compito sarà di analizzare essenzialmente i segmenti narrativi necessari alla dimostrazione della tesi che ci siamo proposti di mettere in luce. Non si mancherà, comunque, di riassumere le strutture narrative fondamentali, per consentire una visione organica dell’insieme.
In “Candida” è rappresentato un campione di società vittoriana, ed è messa in evidenza l’inconsistenza di certi valori: l’ipocrisia, la vanità e l’egoismo che si nascondono dietro le maschere delle persone.
È uno studio del modo in cui l’uomo e la società s’influenzano reciprocamente, ma anche di come l’uomo possa, attraverso l’esperienza, giungere alla maturità e quindi alla comprensione di se stesso e della realtà delle cose. È questa medesima visione disincantata della realtà che consente a Candida, pur salvando le apparenze, di schernire la moralità convenzionale.
Particolarmente accentuato è il dilemma tra apparenza e realtà, nel tentativo di stabilire che cosa sia realmente l’uomo. Il modo in cui le insufficienze di Morell sono gradualmente tracciate, a simbolizzare la sua immaturità emotiva e psicologica, implica che la rivelazione, da parte di Candida, di ciò che realmente egli è, diviene anche parte attiva nella progressiva scoperta che il giovane Marchbanks fa di se stesso, come uomo, e dà vita a una nuova sottigliezza e a una diversa complessità dell’opera.
D’altra parte la comprensione di Candida, nei confronti del marito, mostra la consapevolezza di alcuni tra i paradossi dei rapporti umani e aggiunge un’ulteriore dimensione al testo. L’egoismo basilare di Morell e la sua ingenua sicurezza nella propria forza e nelle proprie capacità, sono l’aspetto di una fondamentale puerilità che ha, nonostante tutto, una sua attrattiva, e che è strettamente legata alla ragione principale per la quale Candida l’ha scelto come sposo.
In definitiva, i personaggi rappresentati non sono soltanto emblematici o soltanto reali; sono al tempo stesso reali e simbolici, parti organiche di un sistema accuratamente ordinato, e si ha la sensazione che ciò abbia tentato di mettere in luce qualcosa di più profondo e universale di quanto l’opera stessa, almeno in apparenza, sembri esprimere.