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Non ne ricordo più nemmeno il titolo

Rossella Romano

Prologo

È un piccolo libro dall’aria antica. La copertina è scura, di una profonda, malsana sfumatura di grigio, il nero assoluto scolorito dal tempo. La costa lascia intravedere la trama della rilegatura, vicino ai margini. È appoggiato quasi all’angolo della panchina, come se qualcuno lo avesse posato per un attimo, durante la lettura, per poi dimenticarlo.

Mi guardo intorno.

Non c’è nessun altro, a parte me. È una fredda, nebbiosa mattina di fine ottobre. L’alito si condensa, quando lo espiro. Ho mani e viso gelati. Il vento fruscia fra i sempreverdi, trasformandosi in un misterioso sussurro. Guardo il cielo quasi bianco, ferito dai rami ormai nudi degli ontani che mi sovrastano, e mi chiedo dove sarei, se avessi un posto dove andare. Se la mia vita non si fosse trasformata in questo vuoto… trascinarsi.

Ma, con la coda dell’occhio, (e dei miei pensieri), sento il peso del libro, accanto a me. Mi sposto, scivolando sulla panchina, sentendo l’umidità che ha impregnato le doghe di legno trapassarmi i vestiti, e mi accosto un altro po’. Ora è qui, alla mia sinistra, proprio a lato. Se qualcuno mi stesse guardando, penserebbe che sia mio. E in effetti… non so, è come se…

Prima di rendermene conto, ho allungato la mano e l’ho posata sulla copertina. Con cautela, perché dopotutto è un gesto di possesso. Col pollice accarezzo il bordo delle pagine. È un breve viaggio per il mio polpastrello, eppure stranamente appagante. Ogni pagina ha una propria dimensione che la distingue dalle altre, rendendo il fianco del libro irregolare.

Frrrr

È un suono solo immaginato, come le fusa di un gatto; il rumore che produrrebbero le pagine sotto le mie carezze, se avessi l’udito abbastanza acuto da percepirlo.

Dev’essere mio, penso quasi trasalendo, guardandomi subito intorno con aria colpevole, quasi avessi espresso un intento criminale in mezzo a una folla. Ma non c’è nessuno, intorno. E le auto che scorrono via oltre il cancello del parco sembrano appartenere a un altro mondo. A un’altra realtà.

In un attimo, senza quasi pensare, afferro il libretto e lo spingo a forza nelle ampie tasche del giaccone. All’improvviso ho fretta di tornare a casa. Cammino sul marciapiede a capo chino, accosto al muro, sentendo il libro sbattermi contro la gamba ad ogni passo. Mi stringo le braccia intorno e prego di non incontrare nessuno.

Sospiro di sollievo solo una volta infilata la chiave nella toppa di casa. Il mio piccolo nido privato, in cui abito in totale solitudine. Entro nella fitta penombra, mettendo a fuoco la tazza della colazione lasciata sul tavolo, i decori sulla tovaglia incerata, i profili dei pensili e la soglia nera del corridoio, sul quale si aprono altre tre porte: quella di camera, quella del bagno e quella di ciò che io chiamo ripostiglio, e che invece è solo un armadio a muro.

Infilo la mano in tasca sentendo di nuovo una sottile fitta di rimorso. Ma stavolta è diverso. Un colpo leggero allo stomaco che mi provoca un sorriso quasi impercettibile: ho trasgredito alle regole, dimenticando gli anni che mi separano dall’infanzia, e ciò che provo in questo momento, dopotutto, è solo eccitazione. Un’emozione preziosa, che mi riporta mesi addietro, quando avevo ancora la speranza di tornare a una vita fatta d’impegni, responsabilità, giorni di riposo. Non come adesso, che sono tutti uguali, tutti inutili, e, ogni mattina, devo sforzarmi per ricordare quale giorno della settimana sia.

Probabilmente ho commesso un furto. Ma non può essere tanto sbagliato, se mi fa sentire così.

Mi sfilo il giaccone, lo appendo all’attaccapanni accanto alla porta e, quando abbasso le braccia, sospiro. Non ho un divano, la casa è troppo piccola, un appartamento ricavato da un fondo commerciale, rimasto per troppi anni sfitto. La cosa mi costringe a tenere le finestre strette e alte quasi sempre chiuse, per non vedere le persone in transito sul marciapiede; ma non mi dispiace. Si adatta al mio umore.

Quando l’ho appoggiato sulla tavola, poco fa, ero sovrappensiero, ma ora che torno ad afferrare il libretto è impossibile non notarlo: la copertina sembra calda, come una cosa viva.

È perché lo hai tenuto in tasca finora, mi dico accarezzandola lentamente. Più o meno riesco a crederci.

Lo afferro e mi avvio in camera. Mi sfilo le scarpe e mi sdraio sul letto, accendendo la lampada da lettura, appoggiandomi ai cuscini. Leggere è uno dei miei rifugi; lo è sempre stato, quando la realtà sembrava troppo difficile da affrontare. Un lutto, una sfida, un timore improvviso. Aprivo un libro, cominciavo a trasformare le lettere in parole, le parole in immagini e… iniziavo a viaggiare, a velocità prodigiosa. Funzionava sempre. Funziona anche adesso, all’istante. Specie una volta lette le parole scritte al centro della prima pagina, in caratteri decorativi, quasi gotici.

esci

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Rossella Romano

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Perché questo titolo?

La presente raccolta riunisce per la prima volta, in rigoroso ordine cronologico, tutti i racconti che pubblicati finora da Rossella Romano, anche quelli gratuiti, più uno strano prologo, un omaggio al bookcrossing che racchiude il destino che l'autrice augura a tutte le sue storie. Molti sono di fantascienza, uno è un fantasy puro, un paio sono – profondamente – horror, e a dire il vero l’horror li contamina un po’ tutti, perché la paura è un’emozione intrigante e il suo superamento il motivo fondante della nostra esistenza…

La speranza è che anche uno solo di essi diventi per voi quello che rappresentano per l'autrice le centinaia di racconti letti soprattutto fra i dodici e i ventiquattro anni – età in cui ha iniziato a scrivere sul serio. A distanza di decenni sono ancora tutti lì: carichi di immagini, sensazioni, emozioni tanto vivide e accurate che le sembra impossibile non averle vissute davvero.

Eppure, a volte…

Tutti i racconti lunghi e romanzi brevi non gratuiti contenuti nella raccolta partecipano alla promozione permanente di benvenuto offerta dall'autrice: è possibile richiederne uno a scelta, da parte dei nuovi lettori, fornendo un indirizzo email.
Per richiederli è sufficiente andare sul sito dell'autrice.

L'autrice

romano

Rossella Romano, classe 1971, è sposata e ha due figli, una ragazza di 28 anni e un ragazzo di 22, e una nipotina di 2 anni. Si definisce curiosa e le piace fantasticare, immaginare aspetti nascosti nella realtà; per questo scrive spaziando fra fantascienza, fantasy e horror. I suoi personaggi sono persone normali catapultate in situazioni straordinarie, che siano case infestate, viaggi inaspettati verso pianeti lontani, o mondi segreti.
Fra i quattordici e i ventiquattro anni è stata prima giocatrice e poi Dungeon Master del famoso gioco di ruolo Dungeons & Dragons, un'esperienza che considera fondamentale per la sua formazione.
Nel 1996 scrive il suo primo romanzo fantasy, Il Segno dei Ribelli, che cinque anni dopo viene pubblicato dalla Casa Editrice Nord, numero 173 della Fantacollana. Dal 31 luglio del 2014 ha ripreso a pubblicare come indipendente e, di conseguenza, a scrivere ad un ritmo molto meno rilassato rispetto a quello tenuto negli ultimi dieci anni.

Il suo sito web


Perché l'abbiamo scelto

È sempre più difficile trovare storie originali e tratte da una vera ispirazione quando si parla di fantasy e fantascienza; solitamente, la sensazione di già visto resta preponderante dall’inizio alla fine.

Questo però non vale quando si ha in mano quest'opera della Romano che sorprende piacevolmente: ognuno dei racconti ha o una premessa originale o, nei casi in cui la base sia ormai tipica dei generi, un’evoluzione e conclusioni del tutto nuove.

Inoltre, ci piace sottolinearlo sono scritti in uno stile e in una forma impeccabili.