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Cucina il romanzo: taglia e conserva gli avanzi

La parola ai nostri autori


articolo di
Andrea Micalone

Nel corso della scrittura del nostro romanzo, ci capiterà di ritrovarci tra le mani una gran quantità di “materiale inatteso”. Questo materiale, per certi versi, potrebbe essere definito proprio come il frutto dell’ispirazione.

È difatti evidente che, per quanto si possa aver concepito la propria trama sin nei minimi dettagli, quando si è poi nel pieno della creazione emerge anche una gran quantità di elementi imprevisti, svolte interessanti e particolari curiosi.

Se non avete mai provato questo genere di sensazione, se la vostra scrittura non si è mai distaccata dai binari che le avevate imposto, significa che siete ancora un po’ bloccati, oppure che, nel timore di sbagliare, vi cementate un po’ troppo sullo “schema” che avete nella testa.

Al contempo però è anche vero che, quando si scrive, si vive sempre una forma basilare di quest’esperienza. Se, infatti, immaginiamo la trama, lo “schema”, come una linea retta di eventi, la narrazione effettiva che poi dobbiamo farne è comunque un “allargamento” a partire da questa linea: una serie di deviazioni rispetto al puro e semplice susseguirsi di avvenimenti.

L’evoluzione del romanzo si è giocata proprio in queste deviazioni. In principio, nell’età classica, le storie avevano un andamento molto rettilineo, con gli eventi che venivano proposti nel loro semplice svolgersi, senza approfondimenti di sorta (carattere dei personaggi, descrizioni, ecc.). Pensate ad esempio alla mitologia: nessuno si chiede quale sia il carattere di Prometeo o come si svolga la sua giornata tipo; Prometeo è “soltanto” un personaggio a cui avvengono una serie di eventi.

Con l’evolversi della forma “romanzo”, invece, quello che è aumentato è proprio il “materiale aggiuntivo” rispetto alla semplice trama di base, sino ad arrivare agli estremi del novecento in cui sono stati composti libri di solo “materiale aggiuntivo”, badando poco o nulla alla trama (“Ulisse” di James Joyce, o “L’uomo senza qualità” di Musil, o “Alla ricerca del tempo perduto” di Proust).

Sia chiaro: a parte i casi estremi, lo “schema” della trama rimane comunque importante; mentre si scrive, sapere dove si sta andando a parare è fondamentale per non deragliare; al contempo, però, saper approfittare delle deviazioni impreviste, delle idee improvvise e di cambiamenti inattesi, dona al testo quel sale in più che a volte può rivelarsi determinante.

Il “materiale imprevisto” che può spuntarci tra le mani quando meno ce lo aspettiamo si compone di innumerevoli elementi. Può essere l’apparizione di un personaggio nuovo (apparizione che a volte avviene quasi inesplicabilmente: siccome c’era necessità di un qualche evento, ci ritroviamo un nuovo soggetto tra le mani, ma quello che doveva essere una semplice comparsa si trasforma in poche righe in un nuovo e autentico attore), oppure può trattarsi di un’azione imprevista da parte di un personaggio già presente (il classico caso: i personaggi sembrano decidere da soli quello che devono fare), o, ancora, una descrizione inattesa che ci corre alla mano e fa emergere di un oggetto quel lato a cui non avremmo mai pensato (sino a quel momento), ecc.

Le possibilità sono innumerevoli, e nell’attività della scrittura il vero divertimento sta proprio in simili fenomeni: nello scarto mentale (e quasi inconscio) che a volte ci coglie.

Quando però arriviamo alla fine della prima stesura (ma anche nel corso della stessa, o nel corso di quelle seguenti) ci rendiamo inevitabilmente conto che questo “materiale aggiuntivo”, per propria natura, potrebbe risultare eccessivo. Esso va quindi equilibrato, affinché non sommerga la trama con una patina di dettagli ed eventi superflui.

Come si distingue dunque tra “materiale aggiuntivo” utile e superfluo?

Riuscire a distinguere non è difficile.

Chiediamoci sempre: “questo elemento fa sviluppare la trama? O, almeno, dà informazioni ulteriori su un personaggio o su un luogo o su una situazione?”

Se la risposta è “no”, allora dobbiamo tagliare tutto spietatamente.

Distinguere utile e superfluo può essere semplice in linea teorica, ma non lo è poi nella pratica, giacché al momento del taglio effettivo potrebbe comunque mancarci il coraggio di agire: troviamo magari punti che, seppur non necessari, ci sembrano ben scritti, divertenti e poetici. Non vogliamo tagliarli!

Ebbene: dobbiamo farlo lo stesso.

Il difficile sta proprio in questo: convincerci che, nonostante la loro (più o meno presunta) bellezza, questi punti vadano comunque eliminati. Bisogna essere gelidi come assassini e mozzare ogni escrescenza che non aggiunge niente di utile, anche se ci sembra molto carina.

Immaginate il tutto come una pianta: quello che conta è sempre la pianta in sé, e i suoi fiori devono essere (oltre che belli) necessari a farla crescere; ma se invece sono fiori sterili, vanno estirpati prima che il loro problema renda l’intero organismo irrecuperabile.

Un ultimo consiglio.

Per evitare che questa gran quantità di “materiale aggiuntivo” alla fine si riveli una montagna di materiale da cancellare, è bene sfruttarla ad ogni occasione.

Come conservare i tagli?

Ogni volta che la vostra narrazione vi offre un problema (come farà il personaggio a salvarsi? Come si risolverà questa incongruenza? Come sviluppare questa sotto-trama per ricollegarla alla trama principale? Eccetera eccetera) non inventate una soluzione nuova o un deus ex machina per venirne a capo, altrimenti rischierete soltanto di aumentare il “materiale aggiuntivo” inutile; per risolvere i vostri problemi, invece, partite sempre dal presupposto (assurdo, lo so, ma a volte incredibilmente soddisfacente) che la vostra mente e il vostro inconscio abbiano già creato un romanzo perfetto e voi lo stiate semplicemente “deducendo” passo dopo passo.

Cosa intendo dire con questo? Che dovete cercare di risolvere i vostri problemi usando soltanto il materiale che è già nel romanzo e, soprattutto, il “materiale aggiuntivo” che vi piace, ma a cui non avevate ancora trovato posto e utilità (e che altrimenti dovreste tagliare).

Scoprirete così, a volte (non sempre), delle spiegazioni, delle chiavi di lettura e dei colpi di scena del tutto imprevedibili, ma che sembreranno presenti sin dall’inizio nelle pieghe della vostra scrittura.

Forse è un’illusione (anzi, sicuramente lo è), ma chiudere tutti i fili narrativi in sospeso trovando collegamenti inattesi tra loro, alla fine vi darà la sensazione che il vostro cervello vi abbia prevenuti, che sia stato più abile e veloce di voi, e che abbia disseminato indizi sin dall’inizio. In questo modo vi sembrerà che il “materiale aggiuntivo” creato intuitivamente fosse già un tassello fondamentale per la soluzione del romanzo.

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