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La psicologia del personaggio

La chiave di ogni personaggio ben delineato in un costrutto narrativo è da cercare all’interno del significato della parola empatia.

I lettori, in genere, riescono a sentire un personaggio vicino quando sono in grado di percepirne quei caratteri intrinsechi che determinano in lui un gratificante senso di identificazione. Non importa se il personaggio sia un feroce pirata che terrorizza i Sette Mari, se sia la docile figlia accondiscendente di un prepotente dittatore o se sia la volitiva infermiera che salva le vite dei soldati feriti al fronte. E non importa neanche se sia la diabolica assassina che compie una strage ogni volta che estrae un’arma o se sia l’impacciato impiegato del catasto innamorato della bella collega distratta. L’importante è che egli, il personaggio, faccia vibrare le corde più intime nell’animo del lettore, in modo che quest’ultimo entri in risonanza emotiva con lui, portandolo a sperimentare quell’empatia necessaria a farlo accettare, quasi fosse una piccola parte di sé finita, non si sa come, tra le pagine di un libro.

Come si traduce tutto questo nella pratica della scrittura?

Non prevale ovviamente un’unica regola e le strategie per costruire personaggi efficaci sono molteplici e variano in base a un unico fattore: il metodo.

Il metodo è l’attuazione pratica delle capacità astratte e concettuali dello scrittore. Ognuno ha il proprio e ogni metodo è determinato da quella che potremmo definire una comfort zone personale. Se io sono bravo a saltare l’ostacolo a piedi pari, lo salto così. Se mi riesce meglio una gamba per volta, farò in quest’altro modo. Restando nella mia comfort zone di azione non rischierò di cadere e farmi male, soprattutto se gli ostacoli rappresentano un percorso quotidiano che devo compiere mille e mille volte prima di fermarmi a riprendere fiato.

Qualcuno potrà preferire un approccio più descrittivo del personaggio, qualcuno lo dipingerà meglio attraverso i dialoghi, altri ancora attraverso le sue azioni, oppure facendolo raccontare agli altri attori in scena. Un autore potrà ricorrere a descrizioni asciutte, un altro spendere fiumi di parole. Qualcuno utilizzerà la tecnica del ricordo (flashback) oppure opterà per una scoperta lenta, molto lenta del personaggio, diluendo la sua essenza all’interno di una narrazione che a ogni capitolo ne svela un aspetto del carattere.

Un metodo efficace e molto apprezzato (inconsapevolmente) dai lettori è quello di lasciare che un personaggio venga svelato attraverso le sue azioni e i molti dialoghi. In questo modo dietro ogni scena e a lato di ogni discorso diretto si troverà un pezzo del complicato arabesco che costituisce il profilo psicologico del personaggio, e che il lettore metterà insieme pagina dopo pagina, in un efficace climax di sensazioni ed emozioni che lo coinvolgerà, portandolo a sperimentare una crescente empatia nei suoi confronti.

Per far ciò, il bravo autore dovrà costruire il personaggio prima di iniziare a scrivere. Dovrà, attraverso uno studio profondo e dettagliato, sviscerare tutte quelle tare psicologiche (debolezze, rimpianti, rimorsi, paure, ecc…) e tutti quei caratteri dominanti (forza, comprensione, ambizione, tenacia, fallibilità) che andranno con sapienza rilasciati a piccole o grandi dosi a margine di ogni dialogo o scena, affinché il lettore li recuperi per ricostruire il proprio ritratto di quel personaggio.

Lavorando con questo approccio, si ha una buona certezza di aver colto nel segno quando il lettore avrà ricomposto a grandi linee il personaggio pensato dall’autore, attribuendogli però delle caratteristiche (psicologiche e caratteriali) decisamente arbitrarie, derivate da un’analisi molto personale e intima, risultato di un processo di empatia che ha smosso qualcosa nella sensibilità del lettore portandolo a compiere una personale opera di elaborazione.

Sarà capitato a tutti all’uscita dal cinema di commentare il film appena visto con gli amici. Spesso ci si confronta sulle motivazioni che hanno indotto il protagonista a compiere un certo gesto, magari decisivo per lo sviluppo della trama o la sua risoluzione. Dal dibattito si levano diverse spiegazioni, frutto in buona fede di interpretazioni personali. Ognuno cerca di avere ragione e di spiegare al resto della truppa che secondo lui lo sceneggiatore voleva proprio che capissimo quello, ciò che solo lui sembra aver colto. La realtà, laddove non vi sia stata una reale mancanza di approfondimento attribuibile a una imperizia autoriale, è che ognuno ha metabolizzato il personaggio sulla base della propria esperienza, lo ha avvicinato, ci si è ritrovato e specchiato, e ora agli amici sta solo raccontando se stesso.

In quel caso il lavoro di scrittura può ritenersi un successo, perché ognuno di quegli spettatori porterà con sé, forse per sempre, il ricordo di quel personaggio, incastrato tra le pieghe della propria personalità. Un frammento di specchio in cui rivedersi ogni volta, attraverso un processo di identificazione che fa quasi sempre del sogno e del desiderio il suo vettore principale.

Qual è il personaggio letterario che portate nel cuore? Pensateci. E poi riflettete su chi siete voi, chi credete di essere o chi vorreste essere. Vi state forse ammirando in quel famoso frammento di vetro? Se la risposta fosse positiva, allora toglietevi il cappello e fate un profondo inchino all’autore che da sempre avete amato, perché significa che ha fatto dannatamente bene il suo lavoro.