3ª persona onnisciente Vs 3ª persona limitata

Una delle prime decisioni importanti che dovrai affrontare come autore, e che spesso è sottovalutata o dimenticata, è determinare il punto di vista dal quale verrà narrata la tua storia: meglio un’introspettiva prima persona, una classica terza o una anticonformista seconda persona?

In questo post esaminiamo le opzioni per la via più diffusa, quelle cioè disponibili per gli autori che scrivono in terza persona. Sto parlando della terza persona onnisciente, dove il narratore conosce tutto (ma proprio tutto) e può narrarlo a piacimento, contro la terza persona limitata, dove ciò che il narratore sa è intimamente legato a un personaggio particolare – molto spesso il protagonista – e al suo punto di vista (o POV – point of view).

Terza persona onnisciente

Nella terza persona onnisciente, il narratore ha una visione praticamente “divina” sugli avvenimenti, conosce ogni pensiero, è stato testimone di ogni fatto, passato, presente e futuro. È, per l’appunto, onnisciente.

La terza persona onnisciente è probabilmente la più antica forma di narrazione registrata, è quella che ci arriva direttamente dai racconti attorno al fuoco di tempi dove la scrittura e la lettura erano per pochi. Non ci sono limiti a ciò che il narratore può dire, se non la necessità di calibrare le informazioni in modo da garantire che il libro rimanga piacevole per i lettori moderni.

Quali sono i vantaggi?

  • Con la terza persona onnisciente puoi sfruttare la tensione creata quando il lettore sa qualcosa che il personaggio non conosce.
  • Il tuo narratore può avere una voce distinta che non è legata a un personaggio nella storia. Ad esempio, potrebbe essere ironico e divertente dove i tuoi personaggi si prendono troppo sul serio.
  • Puoi relazionare gli elementi della storia senza filtrarli attraverso la prospettiva di un personaggio.
  • Consente transizioni più rapide delle azioni. Se hai bisogno che la tua azione si sposti tra luoghi e tempi, un narratore onnisciente potrebbe essere l’opzione più semplice.

Quando è meglio usare la terza persona onnisciente?

Negli ultimi decenni, l’onnisciente in terza persona è andato un po’ fuori moda. I lettori sono alla ricerca di una maggiore connettività emotiva con i libri che leggono e l’ampia portata della narrazione onnisciente non va in questa direzione. Gli unici a beneficiare ancora di questa narrazione sono i testi storici – sia fiction che saggistica.

Alcune tecniche però sono più facili da utilizzare con un narratore onnisciente. Eccone tre:

1. Usare una voce narrante distinta

Scrivere con un narratore onnisciente ti consente di creare una sorta di persona, che si trova fuori dal mondo della storia e che la racconta. Questi narratori non sono tecnicamente personaggi, ma la loro narrazione sarà ben distinta e identificabile rispetto alle voci dei personaggi all’interno della storia.

2. L’approccio cinematografico

Naturalmente, non si sta parlando di sceneggiatura cinematografica, ma di una tecnica di narrazione che segue le stesse logiche mettendo sulla carta ciò che un regista mette nelle sue inquadratura. In questo caso il narratore onnisciente lavora proprio come un regista: entrambi possono iniziare una scena con una inquadratura/descrizione ampia che mostra l’ambiente, prima di localizzarsi e concentrarsi su personaggi specifici.

3. Un punto di vista oggettivo

Molti scrittori esordienti sono portati a credere che la terza persona onnisciente sia un punto di vista intrinsecamente “oggettivo”. Non è così. Il modo in cui un narratore inquadra la storia e descrive i personaggi e le loro azioni suggerirà quasi sempre qualche forma di soggettività. Ma questo non vuol dire che l’autore possa al contrario usare l’oggettività come una caratteristica della propria narrazione.

Suggerimenti per usare la terza persona onnisciente

  • Non esagerare con flashback, quadri e digressioni. Il fatto che il tuo narratore sappia tutto non ti obbliga a raccontare tutto! Anzi, cerca di non esagerare nell’infarcire la narrazione con lunghe descrizioni di luoghi, flashback storici, o digressioni che sfociano in conferenze. Non importa se Tolkien lo faceva, lui era Tolkien e anche nel suo caso non proprio tutti hanno apprezzato. Il rischio di spezzare lo slancio del libro, rallentare l’azione e spegnere l’entusiasmo dei tuoi lettori è davvero alto.
  • Non saltare di POV in POV. All’interno di una determinata scena, evita di filtrare l’azione attraverso più di un personaggio. I lettori lo troveranno disorientante ed è indice di un tipo di pigrizia narrativa che spesso affligge i libri con narratori onniscienti.
  • Non forzare la mano troppo presto. Poiché il tuo narratore sa cosa sta per accadere, potresti sentire il bisogno di anticipare colpi di scena. Non sottovalutare la capacità dei tuoi lettori di vedere cosa accadrà dopo: spesso è proprio quello che cercano dalla lettura.
  • Mostra, non raccontare. La narrazione onnisciente è una delle trappole più insidiose per il show, don’t tell, poiché se gestita malamente ti porterà ad infarcire la storia di racconti e a mostrare ben poco, finendo per ammazzare ritmo e lettore!

Quando non dovresti usare un narratore onnisciente?

Se vuoi stare ad ascoltare quello che chiedere il mercato, probabilmente la risposta a questa domanda è: mai.

Attualmente, infatti, i maggiori successi editoriali si sono discostati dal narratore onnisciente. I lettori moderni amano connettersi emotivamente con i personaggi, che siano eroici, malvagi o qualcosa di più complesso. L’onniscienza può però intralciare questa connessione, cosa che invece è ovviata con la terza persona limitata.

Vedremo il mese prossimo in che modo!

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