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Self publishing: che futuro nel 2019?

Sono passati pochi giorni dalla fine dell’edizione 2018 di Più libri più liberi, la fiera della piccola e media editoria che si tiene a Roma ogni anno a dicembre.

Chi c’è stato, ha potuto visitare centinaia di stand di editori i cui libri, molto spesso, non si trovano sugli scaffali delle librerie. Ha potuto anche, se interessato, assistere a decine di presentazioni con autori e editori, ma anche a incontri professionali promossi e organizzati dall’Associazione Italiana Editori. Di tutto questo ci ha parlato il nostro Marco Mancinelli.

Io invece vorrei soffermarmi, più che su ciò che c’è stato, anche di molto bello, su una mancanza: la totale mancanza di incontri sul self publishing.

Direte voi: e cosa ti aspettavi? Alla fiera della piccola e media editoria, cosa c’entra il self publishing?

In effetti, chi ha potuto parlare di autopubblicazione in questa sede e in altre similari avrà certamente colto quello sdegno, quel lieve terror panico (“Oddio questo vorrà che gli pubblichi il suo libro!”), quella poca propensione a toccare l’argomento, diciamola così, che accomuna molti editori, anche (soprattutto?) della piccola e media editoria.

Niente di più normale, quindi, che a Più libri più liberi non se ne parli. O no?

In realtà, proprio in questa sede (nella sede vecchia, ok, ma pur sempre a PLPL), due anni fa l’AIE aveva organizzato un incontro intitolato “Dal self publishing al samizdat” (credo sia dialetto emiliano, ma meglio se controllate). Durante l’incontro, Giovanni Peresson aveva presentato i dati usciti dalla “prima ricerca nazionale sul fenomeno del self publishing” (qui il riassunto, per chi fosse interessato), e a seguire Lorenzo Fabbri (a rappresentare le piattaforme, in particolare la sua: Ilmiolibro), Rita Carla Francesca Monticelli (a rappresentare gli autori self – o, in questo caso si può dire, gli autoeditori) e Vittorio Anastasia (a portare il punto di vista degli editori tradizionali) avevano dialogato e portato spunti e informazioni molto interessanti, davanti a una sala piena di gente.

Nel 2017, poi, eravamo stati proprio noi di Extravergine d’autore, insieme a SPQ2016, a portare il self publishing in fiera: in questo caso, si trattava della prima edizione di Tempo di libri, a Milano, e noi, ospiti proprio dell’AIE, avevamo presentato i dati della nostra ricerca quantitativa sul fenomeno.

E nel 2018? Né a Roma, né a Milano, né a Torino (se qualcuno può smentirmi ne sarei felice e mi farei perdonare in qualche modo per quanto scritto finora e per quanto segue) mi risulta si sia parlato di self publishing.

Se n’è parlato a Bookcity, se n’è parlato a Libri in Baia, a Sestri Levante (qui il video dell’incontro con Gabriele Dolzadelli e Sara Gavioli), ma non nelle principali fiere dell’editoria, nonostante l’apertura e l’interesse dimostrati almeno dall’AIE negli anni scorsi.

E alla fine di tutto quanto scritto finora, arrivo al punto: perché?

Per quali motivi il self publishing, invece di proseguire sulla strada intrapresa e prendere piede, almeno a livello di discussione, di incontri, di confronto con l’editoria tradizionale, è sparito dai programmi delle grandi kermesse librarie?

Non ho una risposta, e vi lascio anzi con altre domande: il fenomeno, in Italia, invece di esplodere si è assestato e non interessa più di tanto? O magari c’è poca organizzazione e poca partecipazione da parte della categoria dei self publisher? O, ancora, poco interesse da parte degli stessi autori self a fare in modo che il self publishing (e quindi non solo il proprio libro) venga conosciuto bene, anche per quegli aspetti positivi che vengono spesso ignorati da chi è contro o da chi, più semplicemente, ne sa poco?

Le fiere di cui sopra (per Tempo di libri se ne riparlerà nel 2020) sono tra i pochi eventi che richiamano un gran numero di lettori, ammassandoli in uno spazio ristretto. Essere presenti è importante per riuscire ad agganciare proprio questa categoria di persone, la più importante nella filiera editoriale: i lettori.

Convincerli che dal self publishing non esca solo spazzatura, ma anche opere di qualità; che gli autori self non siano tutti sprovveduti scartati dalle case editrici, ma che ci siano anche persone che hanno scelto l’autopubblicazione e che si muovono come editori di se stessi; che non ci sono solo libri mal impaginati e mal curati, ma anche testi su cui hanno lavorato bravi professionisti, e che se la possono giocare con pubblicazioni di editori di livello; questo dovrebbe essere l’interesse della “categoria” dei self publisher, o almeno della “parte buona” qui descritta. Cosa serve, quindi, per fare sì che questo accada?

La discussione è aperta, vogliamo sentire la vostra nei commenti!

 

Ps: so bene che il gruppo Libersfera ha organizzato un incontro durante il Bookcity 2017, e che gli Autori Youcaniani hanno partecipato a diverse fiere, anche tra quelle sopra citate. Siano resi loro i giusti onori: iniziative lodevolissime.

Ma, opinione personalissima, non credo possa bastare uno stand di autori che hanno scelto Youcanprint per autopubblicarsi per far uscire il self publishing italiano dal suo angolo.

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One thought on “Self publishing: che futuro nel 2019?

  • Nadia Bertolani

    Che dire? Oramai sono nota per la mia indolenza e devo solo riconoscere che sono colpevole: non mi do da fare, scrivo e penso Que serà serà, sono anzianotta, non ho più energie. Viva il self! (Ma che fatica!) Naturalmente la fatica più grande è quella dei lettori (tra i quali mi annovero) che davanti a una montagna di proposte esitano nella scelta. Da parte mia ho sperimentato che le delusioni si verificano leggendo sia libri editi sia self. Ringrazio dunque che si dà tanto da fare.

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