intervista

Quattro chiacchiere con Maurizio Matassi

Torniamo a intervistare i nostri autori e lo facciamo con Maurizio Matassi, scrittore prolifico che nell’ultimo decennio ha pubblicato, anche con case editrici, diverse storie fantastiche. Sulla nostra vetrina è arrivato con il racconto steampunk “Ambra celeste”.

Parlaci di te: com’è nata la passione per la scrittura?

Immaginare avventure e scriverle è sempre stato il mio divertimento più grande, ma si trattava di situazioni da far giocare al mio piccolo gruppo di Dungeons&Dragons. La svolta avvenne quando decisi di trascrivere sotto forma di favola una sessione di gioco a cui aveva partecipato la mia bellissima figlioccia, che allora aveva solo otto anni. La sua interpretazione fu così emozionante che ne uscì un racconto bellissimo, Yoona e il gatto magico, che piacque a tutti quelli che lo lessero.

La cosa fu tanto incoraggiante da farmi scoprire di avere un nuovo hobby. In seguito pubblicai quella storia sul mio primo libro, l’Alba di Kelheva, che raccoglie il meglio dei miei esperimenti stilistici in chiave fantasy, e continuai la mia personale avventura espressiva e tecnica per cercare di migliorare quanto più possibile il mio stile e i miei contenuti.

Qual è stata la “scintilla” da cui è nato il tuo libro?

Ambra Celeste nasce da una singolare richiesta da parte di un editore di fumetti di Verona, Enrico “Nebbioso” Martini di Cyrano Comics, col quale avevo collaborato in precedenza. In un ambito celebrativo del grande scrittore italiano Emilio Salgari, veronese, mi propose di scrivere un breve racconto in chiave steampunk che contenesse riferimenti, più o meno marcati, all’opera salgariana. Senza pensarci molto, accettai, grato per la fiducia, ma mi accorsi presto che fondere due immaginari tanto diversi, seppur accomunati dallo stesso periodo storico, era più facile a dirsi che a farsi.

Dopo tanto pensare, però, ecco la scintilla: isole volanti, come nell’opera di Jonathan Swift “I viaggi di Gulliver, e un elemento forte, l’ambra celeste, capace di dare vapore a tutto il costrutto. Il resto è venuto da solo. In accordo con il tema scelsi di utilizzare uno stile da romanzi d’appendice e mi documentai come un matto sulla vera situazione geopolitica del 1850 (documentarsi, ho scoperto, è una fantastica fonte di ispirazione). L’ambientazione è così stimolante, che penso che Emile e Carlotta saranno i miei compagni d’avventura per molto tempo a venire.

Quali sono i tuoi segreti per scrivere un libro di qualità?

Mi sforzo di essere umile. Non sono uno scrittore professionista, non pretendo di dominare gli strumenti di quest’arte, cerco di leggere per migliorare il mio modo di esprimermi, il mio lessico e il mio stile. Studio tutto quello che mi capita a tiro, dai classici della letteratura di genere ai manuali di sceneggiatura. Penso che chi mi legge abbia diritto alla mia miglior prestazione e mi sforzo quanto posso di offrirla.

Cerco, infine, di essere originale, adottando un’ottica critica e autocritica verso tutte le idee che mi vengono in mente. Mi spiego meglio: al giorno d’oggi essere originali è praticamente impossibile, soprattutto nelle storie di genere. Che tu scriva fantasy, urban fantasy, fantascienza e quant’altro, ti accorgerai di maneggiare elementi inventati da qualcun altro. Nel fantasy ci sono nani, maghi ed elfi; l’heroic fantasy è popolato da possenti e crudeli guerrieri, nella fantascienza ci sono pianeti e astronavi e, ovviamente, nello steampunk ci sono treni a vapore, dirigibili e strani costrutti. Qualunque cosa tu possa scrivere, se non sai essere davvero originale, sarà invariabilmente una patetica scimmiottatura di classici come Il Signore degli anelli, Buffy l’ammazzavampiri e via discorrendo. Qual è il trucco, allora? Semplice (e difficile allo stesso tempo): trovare una chiave nuova per riorganizzare quegli elementi. In pratica: se la cosa ti sembra già vista, già scritta, già sperimentata, cassala e passa ad altro. Senza perdere tempo e credibilità. Certo, se siamo stati colpiti da una situazione vista in un certo film, sarà inevitabile fantasticarci sopra, ma non per questo dobbiamo farne un libro. In Ambra Celeste, pur senza grosse pretese, ho cercato di fare proprio questo.

Perché ti sei candidato alla selezione di Extravergine d’Autore?

In considerazione di quanto espresso al punto precedente, sentivo il bisogno di mettermi alla prova. Di scoprire, cioè, se vi fosse un qualche valore nei miei scritti. Extravergine d’Autore fa paura. Molta. Possiede una tale autorevolezza, frutto di un lavoro serio e costante, da intimidire chi, come me, insiste a considerarsi non già uno scrittore, ma un hobbista che fa del proprio meglio per divertire i propri lettori. Essere stato accettato è per me motivo di grande gioia, ma anche di sprone, perché so di essere sulla strada giusta e perché, per mantenere questo minimo standard di condivisibilità, non devo cullarmi sugli allori. Come scrivo nell’introduzione ad Ambra Celeste, accetto critiche e ascolto consigli: non fatemene mancare.