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10 lezioni imparate intervistando autori di successo

Articolo di Michele Amitrani

Ricordo come se fosse ieri la prima volta che intervistai una persona su Skype.

Era il 14 dicembre del 2016 ed ero decisamente agitato. No. Agitato è la parola sbagliata. Ero niente meno che terrorizzato. Le mie mani stavano tremando, e non riuscivo a smettere di sudare. Inoltre, non importava quante volte cercassi di sistemarmi sulla sedia, sembrava impossibile trovare una posizione comoda. La mia bocca era secca, quasi arida, i battiti del mio cuore un costante martellare contro la mia cassa toracica.

Non sono una persona che si fa impressionare facilmente, e solitamente sono calmo e controllato. Quel giorno non era neppure la prima volta che mi mettevo volutamente sotto i riflettori. Ero già stato intervistato varie volte in passato, su una radio italiana, su una radio canadese e su diversi blog letterari, e l’idea d’incontrare nuove persone non mi ha mai spaventato. Al contrario, mi piace conoscere gente nuova, collaborare con altre persone, scoprire cose nuove attraverso le loro esperienze.

Ma quel 14 dicembre stava per accadere qualcosa che non era mai accaduta prima. Qualcosa a cui non ero pronto. Qualcosa che mi avrebbe cambiato radicalmente. Quel giorno, avevo deciso di sfidare me stesso. Ed ero terrorizzato perché sapevo che avrei fallito miseramente.

In capo a pochi minuti, infatti, avrei dovuto conversare in inglese con un multimilionario americano che aveva ispirato centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo. E sarei stato io quello a fare le domande.

Il nome di questo multimilionario era John Lee Dumas, un imprenditore che aveva condotto quasi duemila interviste sul suo leggendario show Entrepreneur On Fire, un podcast che veniva ascoltato da oltre un milione e mezzo di persone al mese e che aveva ospitato personalità del calibro di Tony Robbins, Pat Flynn, Tim Ferris e Seth Godin.

Mentre riflettevo su questi numeri esorbitanti, e mi convincevo che non ero assolutamente pronto per intervistare una leggenda vivente come John, indossai gli auricolari e controllai per la centesima volta che il microfono fosse collegato al mio laptop. Respirare era un’azione di secondaria importanza, in quel momento. L’unica cosa importante era preoccuparsi di tutte le cose che sarebbero potute andare storte, di tutte le cose che non potevo controllare.

Il mio sguardo era incollato sull’orologio. I minuti stavano passando velocemente. Dieci minuti. Sette minuti. Cinque minuti. Mancava sempre di meno al mio appuntamento virtuale.

Devo fare una confessione, a questo punto. Fino all’ultimo secondo ero convinto, quasi speravo, che John non si sarebbe presentato. Ero convinto che sarebbe accaduto qualcosa, qualsiasi cosa, che mi avrebbe impedito di parlargli. Lo ammetto: arrivato a quel punto, volevo con tutto il cuore che quel ‘qualcosa’ accadesse, perché se davvero quel qualcosa mi avesse impedito di condurre l’intervista, non sarebbe stata colpa mia. Non sarebbe stato un mio fallimento. Sarebbe stata colpa del caso, di un evento incontrollabile, di una causa di forza maggiore.

Non potevo negare l’innegabile. Quando mancavano ormai una manciata di minuti all’intervista, sapevo che non sarei stato in grado di fare le domande giuste, nel modo giusto, nell’ordine giusto. Ero convinto che mi sarei bloccato, che avrei dimenticato come parlare in inglese, che non sarei riuscito a rendere giustizia al titano che per qualche motivo sconosciuto mi aveva concesso quindici minuti del suo tempo. Sapevo che lo avrei deluso. Sapevo di non avere il talento richiesto.

Se davvero l’icona di Skype avesse cominciato a pulsare, allora avrei dovuto reagire, prendere decisioni, rimediare a qualsiasi evento imprevedibile che sarebbe sicuramente successo. Qualsiasi sbaglio avessi fatto, sarebbe stata una firma indelebile nella mia storia.

Ma era troppo tardi per ripensamenti. Non potevo tornare indietro nel tempo e cancellare l’email che avevo mandato a John due mesi prima. Non potevo ignorare il mio impegno ad essere puntuale. Avevo fatto una promessa, e mi piace pensare che sono un tipo che mantiene le promesse.

Il segnale di una chiamata folgorò lo schermo del mio laptop, e smisi di pensare a qualsiasi cosa. L’icona di Skype cominciò a pulsare.

Se chiudo gli occhi, posso rivivere quel momento nei minimi dettagli. Ricordo la sensazione di soffocamento che mi mozzò il fiato, ricordo le braccia diventare improvvisamente rigide, inutilizzabili, e ricordo quella sensazione diffondersi nel resto del corpo come un’infezione. Ricordo tutti i motivi per cui non avrei mai dovuto accettare quella chiamata.

Ma nonostante sapessi di non ero pronto, mossi il mouse e accettai la chiamata.

Sentii delle leggere scariche provenire dall’altra parte del mondo. Il tempo sembrò fermarsi. No. Il tempo si fermò senza ombra di dubbio. Mi avvicinai al microfono e sussurrai, esitante: “J-John?”

Una manciata di secondi di silenzio seguirono quel nome pronunciato come una domanda.

Poi una voce familiare, una voce squillante e sicura di sé, che aveva imposto la sua attenzione a decine di milioni di persone in tutto il mondo mi rispose con la naturalezza e la disinvoltura di un amico che conosco, anche se non ho mai incontrato veramente.

John Lee Dumas era dell’altra parte del microfono, e mi stava parlando.

Alla fine, non successe assolutamente niente di quello che avevo temuto. Non mi bloccai. Non ci furono interruzioni di alcun genere. In effetti, ora che ci ripenso, i quindici minuti successivi trascorsero molto velocemente, e se non li avessi registrati, posso dire senza ombra di dubbio che non solo non ricorderei una parola di quello che ho detto, ma che non crederei neppure che l’intervista sia mai esistita.

L’unica cosa che ricordo distintamente è che alla fine di quell’intervista, dopo aver salutato John, mi abbandonai sulla sedia facendo un sospiro di sollievo. E in quel preciso istante, una realizzazione mi colpì come un fulmine: se posso intervistare John Lee Dumas, posso intervistare chiunque.

60 interviste dopo

La verità è che non ho mai voluto intervistare chiunque.

Dopo essere ‘sopravvissuto’ alla mia chiacchierata con John, capii che intervistare era qualcosa che mi piaceva davvero. Capii che era un ottimo mezzo per aggiungere valore condividendo le storie di alcune persone, i loro successi e i loro fallimenti. Sapevo che avrei voluto intervistare degli ospiti in grado di aiutare altre persone a pubblicare e promuovere indipendentemente un prodotto. Autori, in particolari. E se questi autori erano autori indipendenti, ancora meglio.

Dopotutto questa è la missione della mia Piattaforma online, Credi Nella Tua Storia: ‘aiutare altre persone a produrre, pubblicare e pubblicizzare indipendentemente le loro opere.’

Oggi, oltre un anno e mezzo dopo la mia intervista con John, e dopo aver intervistato più di sessanta ospiti sul mio podcast Credi Crea, posso dire di aver realizzato in parte quell’obiettivo.

Ma non mi faccio illusioni. So di essere solo all’inizio di questo viaggio. Per me quello che conta davvero è che le mie interviste hanno effettivamente aiutato altre persone a diffondere meglio un’idea, o a vendere un prodotto.

Non dico tutto questo puntando l’indice verso numeri e statistiche. Sebbene Credi Crea abbia totalizzato migliaia di ascolti su Podbean ed iTunes, e migliaia di visualizzazioni su Youtube, sono i miei stessi ascoltatori a ricordarmi ogni giorno l’impatto del podcast.

Ci sono state persone che si sono prese il disturbo di contattarmi, di farmi sapere che grazie alle mie interviste hanno scoperto risorse con le quali hanno prodotto libri migliori, risorse che gli hanno fatto scoprire altri autori o altri gruppi di autori con cui hanno iniziato un rapporto di collaborazione.

Alcuni di loro mi hanno ringraziato per avergli fatto vendere più libri, altri per mantenere alta la qualità del podcast, altri ancora per aver cambiato completamente il loro modo di fare self-publishing.

La verità, ovviamente, è che io non merito questi ringraziamenti. Io sono solo il tizio che regge il microfono. Sono i miei ospiti a fare tutta la differenza del mondo.

Così come John, oltre un anno e mezzo fa, oggi sono gli ospiti di Credi Crea ad aggiungere valore. Il mio podcast è solo un mezzo. Sono le storie di questi autori a rivoluzionare il nostro modo di fare self-publishing e promozione editoriale.

Ed è proprio su questi autori che voglio concentrami, a questo punto.

Ammettiamolo. Ogni autore che vuole anche essere un imprenditore è interessato a promuovere le sue storie, e molti degli autori che ho intervistato sono dei maestri in quest’arte sfuggente e difficile da decifrare: l’arte del promuovere efficacemente un libro.

È vero. Non esiste un solo modo per promuovere un libro, e quello che ha funzionato per una persona potrebbe non funzionare per voi, ma se ho imparato qualcosa dai miei ospiti è che il successo non ‘accade’ per caso. Il successo va costruito. Questo è il motivo per cui li definisco autori imprenditori nel senso più puro del termine.

Molti di questi autori hanno venduto migliaia se non decine di migliaia di copie. Alcuni di loro oggi vivono di scrittura. Lo fanno come mestiere. Questo è un fatto. Queste persone possono dire che il loro lavoro consiste nel sedersi e scrivere a tempo pieno. Punto.

Il vostro sogno è la loro realtà quotidiana.

E adesso la domanda da centocinquanta milioni di euro: come hanno fatto? Questa è la stessa domanda che mi ripetevo ogni volta che finivo una conversazione con uno di questi autori di successo. Come hanno fatto questi autori imprenditori ad imporre le loro storie ad un pubblico così vasto e sempre crescente?

Alcune cose sono ovvie. Le sentiamo tutti i giorni. Le sentiamo talmente tante volte che hanno perso il loro fascino, cose che ormai ci entrano da un orecchio ed escono dall’altro.

Provano. Sperimentano. Falliscono. E ricominciano da capo.

Queste cose sono vere, ma nella praticità della nostra vita di autori, sono utili quanto una birra calda. Non servono davvero a niente.

OK. Vi ho detto quello che tutti sanno. Quello che avete già letto. Che avete già visto. Vi ho detto che la Terra non è piatta.

Adesso vi dirò quello che sanno in pochi.

C’è qualcos’altro che fanno questi autori di successo, qualcosa che li distingue dall’autore indipendente medio, delle cose che possono essere estrapolate, analizzate e replicate. Quelli che io chiamo ‘gli elementi del successo’.

Alcuni di questi elementi li conoscete, ma avete deciso di ignorarli. Altri potrebbero essere familiari. Uno o due potrebbero essere completamente nuovi. Il punto rimane. Funzionano solo se si sa come utilizzarli.

E questi elementi non hanno niente a che fare con la birra calda che vi hanno già servito.

I 10 elementi del successo degli autori best-seller

Ho studiato a fondo ogni singolo autore di successo che ho intervistato. Ho dedicato del tempo per cercare di capire che cosa li distingue da tutti gli altri. Ho fatto loro le domande che nessuno gli ha mai fatto. Ho studiato la loro storia. Ho capito come hanno iniziato, da quale blog, da quale gruppo Facebook, da quale angolo semi-sconosciuto del cyberspazio sono partiti. Li ho seguiti nella loro carriera. Quando mi sfuggiva qualcosa, quando non avevo un pezzo del puzzle, contattavo altri autori che li conoscevano meglio e da più tempo di me, persone che mi hanno aiutato a completare il quadro del loro successo.

E poi ho analizzato tutto quello che ho scoperto, e ho cominciato a pensare.

È a questo punto che ho realizzato che il successo non è un caso, anche quando sembra un caso. Il successo si costruisce. E tutti gli autori di successo che ho analizzato avevano degli elementi in comune, elementi talmente evidenti da risultare quasi una delusione, per qualcuno come me che si aspettava qualcosa di completamente alieno, qualcosa di folgorante.

Mi aspettavo una formula magica. Mi aspettavo un segreto racchiuso in una cassaforte. Mi aspettavo l’insospettabile.

E invece mi è stata rivelata la realtà, nuda e semplice. Una realtà senza clamori. Ma un realtà che non sono riuscito a confutare, nonostante ci abbia provato.

È una verità che ho cominciato a seguire anche io, e che ho deciso di condividere con voi. Credeteci. Ignoratela. Fatene quello che volete.Ve la consegno senza esitazioni.

Qui di seguito vi propongo dieci degli ‘elementi del successo’ di cui vi accennavo:

1) Community: gli autori di successo che ho intervistato hanno già un certo following che hanno coltivato prima del lancio del loro libro, quella che io chiamo una ‘community’. Gli autori indipendenti che pubblicano un libro senza il sostegno di una community, non vanno molto lontano.

2) Piattaforma online: una Piattaforma non è un social media, è uno spazio web che un curatore possiede e gestisce. Un sito internet, un podcast, un corso online sono buoni esempi di una Piattaforma.

3) Più di un libro: un libro promuove l’altro. Nessuno degli autori di successo che ho intervistato ha venduto un solo libro. Nessuno. Se faccio una media, parliamo di circa 4-5 libri ad autore.

4) Nicchia: alcuni di questi autori sono tra i primi a trovare una nicchia di mercato, o arrivano dopo, ma la dominano.

5) Effetto passaparola: altre persone parlano dei loro libri in recensioni, blog post, video, articoli, interviste.

6) Collaborazione ad oltranza: questo non è sempre vero, ma molti autori di successo collaborano attivamente con altre persone (con guest blog, book tours, interviste, gruppi Facebook, cover reveals, ecc.)

7) Disponibilità: la maggior parte di loro tengono sempre il dialogo aperto con i loro followers e rispondono il prima possibile ad email e a domande sui social.

8) Copertina accattivante: la copertina dei loro libri è solitamente creata da un professionista. (Sì, lo so, anche questo punto sa di birra calda, ma sareste sorpresi nel scoprire quanti autori sorvolano sulla copertina. Fate un giro su Amazon. E cercate di non ridere.)

9) Editor: gli autori di successo hanno solitamente un editor, non solo dei lettori beta e dei correttori di bozze. L’editor rende il loro libro un prodotto di qualità che risalta sul mare di prodotto scadenti che ci circondano.

10) Sinossi e titolo: questi autori catturano l’attenzione nei primi secondi in cui un potenziale cliente scopre le loro opere. Lo fanno creando delle sinossi e dei titoli studiati per essere accattivanti.

Sarebbe interessante esplorare meglio ognuno di questi punti (e gli altri che non ho neppure nominato). Magari lo farò in un libro. Magari lo farò in un corso online. Magari lo sto già facendo.

Ma per adesso, se volete saperne di più, potete ascoltare le esperienze di questi autori.E potete farlo gratuitamente. Credi Crea è letteralmente ad un click di distanza.

Una volta che avrete ascoltato i loro consigli e imparato dalle loro esperienze, si tratterà solo di decidere quali sono le strategie che volete provare, quelle che volete adattare alle vostre esigenze. Quelle che volete stravolgere, o copiare, o ignorare.

Insomma, sta a voi.

Per quanto riguarda me, ho un solo desiderio per gli autori che stanno leggendo questo articolo: sarebbe davvero bello avervi un giorno dall’altra parte del microfono.

Michele Amitrani, autore della guida Destinazione self-publishing, è uno scrittore indipendente nato e cresciuto a Roma. Dopo aver vissuto in due continenti, viaggiato in diverse dozzine di paesi e aver imparato il segreto della vita, oggi vive a Vancouver, nella bellissima Columbia britannica.

Michele pubblica indipendentemente dal 2011 e finora ha scritto una mezza dozzina di libri, tradotti in italiano e in inglese.