intervista

Quattro chiacchiere con Carmen Laterza

Oggi abbiamo intervistato Carmen Laterza, ghostwriter e autrice di L’amore conta, uno dei primi libri selezionati da noi, oggi anche attivamente impegnata nel sostegno degli autori indipendenti come consulente.

Qual è stata la “scintilla” da cui è nato il tuo libro?

Da anni mi girava in testa l’idea di scrivere un romanzo mio, dopo aver scritto tanto per gli altri come ghostwriter.
Non sapevo esattamente quale sarebbe stata la trama, ma sapevo per certo che la protagonista sarebbe stata una donna inquieta e che la storia si sarebbe sviluppata su due piani temporali distinti. Questo perché io stessa in quel periodo ero inquieta e sentivo forte dentro di me il senso di una frattura tra il passato e il presente.

Sono dunque partita da questi due elementi di base; il resto si è creato a mano a mano che scrivevo.

Ne è venuto fuori L’amore conta, la storia di Irene, una donna fragile e irrequieta, sposata e senza figli, che alla soglia dei quarant’anni sente di voler dare un senso alla propria vita. Lo fa allontanandosi dagli affetti più veri, mancando di rispetto a se stessa, facendo scelte discutibili, ma non potrebbe essere altrimenti per una donna come lei, che ha un passato doloroso e irrisolto con il quale non aveva ancora fatto i conti. Per Irene, dunque, sbagliare strada è l’unico modo per ritrovarsi.

Cosa ti piace e cosa no del mondo Self Publishing?

Io credo fermamente nel Self Publishing come alternativa (e non come ripiego) rispetto alla pubblicazione con una Casa Editrice, perché i processi dell’editoria tradizionale non sempre garantiscono la trasparenza di scelte e la velocità di realizzazione che il pubblico chiede. Ciò che mi piace di più del Self Publishing è infatti la possibilità per un autore di mantenere il controllo totale del suo libro in ogni fase, ma questo controllo deve essere inteso anche come responsabilità nei confronti dei lettori.

La facilità e l’economicità del Self Publishing hanno fatto credere a molti che “mettere online” i propri scritti equivalesse a “pubblicare”, così il mercato editoriale è stato inondato di materiale di scarso, o scarsissimo, valore. Questo, purtroppo, ha generato ciò che meno mi piace del SelfPublishing, ovvero il pregiudizio che accompagna i libri self, per lo meno in Italia, intesi come prodotti di serie B. Si tratta tuttavia di un pregiudizio superabile: se uno scrittore indipendente realizza un prodotto di qualità, il pubblico lo riconosce e lo premia, come dimostrano i successi di molti autori self negli ultimi anni.

Perché hai scelto di pubblicare in Self Publishing?

Avevo già percorso la strada dell’autopubblicazione per molti miei clienti, come consulente editoriale, quindi conoscevo da anni i vantaggi e le modalità del Self Publishing. Quando è stata la volta del mio libro, quindi, non ho avuto nessun dubbio, non ho cercato agenti o editori e ho subito organizzato il mio percorso self. Di sicuro mi ha aiutato il fatto di conoscere le fasi di questo percorso e di sapere come muovermi, ma molto è dipeso anche dal mio carattere: non volevo aspettare i tempi lunghi dell’editoria tradizionale, né avrei mai potuto rinunciare al controllo su ogni passaggio della pubblicazione del mio libro.

Fare SelfPublishing, infatti, significa essere editori di se stessi. Ci tengo molto a specificare questa cosa: spesso si usa il termine Self Publishing come sinonimo di “autopubblicazione”, mentre sarebbe più corretto dire “autoedizione”.

In effetti in senso strettamente tecnico Self Publishing significa pubblicare i propri libri da soli, ma chi vuole pubblicare i propri testi in autonomia deve capire che fare Self Publishing significa anche e soprattutto curare la preparazione dei testi prima di metterli in vendita e la loro promozione dopo averli pubblicati. Si tratta quindi di un percorso lungo e articolato, ma che corrisponde esattamente al percorso che fa una casa editrice.

Così, quando si è trattato di decidere come pubblicare il mio romanzo, ho subito deciso che questa era l’unica strada possibile per me, perché volevo essere editrice del mio libro e non avrei accettato di lasciare ad altri le decisioni fondamentali per il mio testo.

Perché ti sei candidata alla selezione di Extravergine d’Autore?

Credo fermamente che il Self Publishing non sia una parentesi temporanea, bensì una nuova realtà che affiancherà sempre di più l’editoria tradizionale. Del resto le autoproduzioni sono già la regola nel mondo teatrale e si stanno diffondendo nel mondo musicale e cinematografico, dove un album o un film autoprodotto sono considerati coraggiosi, meritevoli e spesso anche di maggior livello culturale rispetto a quelli proposti dalla grande distribuzione.
Nel campo dell’editoria, come ho detto prima, è ancora diffuso il pregiudizio che un libro autoprodotto sia un libro di serie B, perché “nessun editore l’ha voluto”.

Per fortuna, però, le cose stanno cambiando e anche qui in Italia stiamo seguendo l’evoluzione del mercato americano (statunitense e anglofono in generale), nel quale i libri autoprodotti sono considerati alla stregua di quelli pubblicati da una casa editrice e i lettori si avvicinano agli uni o agli altri indifferentemente, senza nessun pregiudizio, ma con la sola aspettativa di leggere un prodotto di qualità.

Per questo, non appena ho scoperto il progetto di Extravergine d’Autore e la filosofia che ne è alla base, ho pensato che fosse proprio ciò che mancava nel panorama editoriale italiano, cioè una vetrina dedicata esclusivamente a libri self di qualità. Per questo ho subito presentato la mia candidatura e sono molto orgogliosa che L’amore conta sia stato selezionato e faccia parte del catalogo di Extravergine d’Autore fin dall’inizio di questo progetto.

Poter apporre sulla copertina del mio romanzo il “bollino” di Extravergine d’Autore significa dare ai lettori una garanzia in più sulla qualità del testo e sulla cura professionale con cui è stato realizzato il libro.