self o editore

Sei un selfpublisher o un autore tradizionale?

Spesso capita di leggere discussioni sui social network o di rispondere a domande di autori esordienti che inducono a ritenere che ben pochi abbiano compreso fino in fondo quale sia la differenza tra un selfpublisher e un autore tradizionale.

Crediamo che la causa sia da ricercare nell’assoluta e generale ignoranza che, ancora oggi, obnubila il mondo del selfpublishing agli occhi di lettori, autori, operatori dell’editoria e semplici curiosi.

Vediamo di fare chiarezza in maniera semplice e intuitiva, prendendo come esempio proprio le due figure principali del processo editoriale, l’autore e il selfpublisher.

Iniziamo dall’autore tradizionale e proviamo a tracciarne un profilo. Chi è costui e come partecipa al processo editoriale che culmina con la pubblicazione di un libro?

L’autore è chi scrive un manoscritto e poi lo affida ad un editore perché lo trasformi in un oggetto (libro) destinato alla vendita, fruibile in maniera semplice e intuitiva da chi ne farà richiesta.

Proseguiamo con il selfpublisher, chi è e cosa fa?

Il selfpublisher è un autore che si auto-produce, assumendosi tutti gli oneri e i compiti dell’editore.

Partiamo da queste due definizioni, su cui si spera essere tutti d’accordo, e chiediamoci quale sia la prima ed evidente differenza che intercorre tra queste due figure autoriali.

Il selfpublisher non è solo un autore, ma anche un editore.

Proseguendo su questa affermazione elementare, proviamo ad elencare le competenze che di solito fanno parte del bagaglio professionale di un (bravo) editore:

1) Conoscenza del mercato editoriale.

2) Familiarità con la scrittura.

3) Competenza nelle procedure editoriali più tecniche (valutazione manoscritti, editing, impaginazione, correzione di testi, tecniche di stampa).

Volendo si potrebbero aggiungere altre competenze, ma credo che questi siano i requisiti minimi che dovrebbero appartenere ad ogni editore, senza dimenticare la caratteristica che reputiamo fondamentale e imprescindibile, più di ogni altra: l’amore e la passione per i libri.

Appare chiaro che un selpublisher, per considerarsi tale, deve per forza fare sue tutte le competenze dell’editore che abbiamo appena citato. E qui una precisazione doverosa, a spazzare via uno degli equivoci più grandi – e anche una delle infamie più maliziose – cui ci si trova davanti quando si prova a ragionare di selpublishing: il selfpublisher bravo conosce il lavoro dell’editore, ma non lo esegue personalmente sul suo manoscritto.

Questo concetto in molti dovrebbero stamparlo con un laser tra le proprie sinapsi o tatuarselo sulla pelle, perché una delle critiche che viene mossa al selfpublishing quando lo si intende denigrare è proprio legata alla presunta autoreferenza di questa pratica.

Chiariamo questo concetto e vediamo nel concreto cosa fa un selfuplisher una volta che ha terminato il suo manoscritto.

I compiti del selfpublisher professionista

1) Chiede una valutazione preliminare del manoscritto rivolgendosi ad un professionista e, se è il caso, rivede il proprio lavoro sulla base del feedback ricevuto.

2) Ingaggia uno o più editor che lavorino sul testo per renderlo presentabile ai lettori e migliorarlo dove si renda necessario.

3) Affida il testo editato ad un impaginatore, dopo aver deciso, in autonomia o a seguito di un confronto, la migliore veste editoriale (formato tipografico, tipo di carta, ecc…) per presentare il libro al mercato.

4) Lavora insieme ad un grafico al progetto della copertina e con un copywriter alla scelta dei testi di presentazione dell’opera (quarta di copertina, sinossi, ecc…).

5) Contatta e prende accordi con un distributore (Amazon, piattaforma self, Smashword, ecc..) per la distribuzione e la messa in commercio dell’opera.

6) Assume un agente che lo aiuti a promuovere il libro, attraverso i social network, i media tradizionali, le librerie, le istituzioni e le organizzazioni editoriali.

Questi, in breve, sono i compiti che è chiamato ad assolvere un selfpublisher. Compiti che non sono molto diversi da quelli che affronta un editore quando pubblica il libro di uno qualsiasi dei sui autori.

Ovviamente, alcuni dei compiti elencati possono essere svolti dall’autore stesso, se le sue competenze tecniche sono così elevate da garantirgli un risultato ottimale, come ad esempio l’impaginazione (cartaceo o ebook) o la progettazione della copertina. Parliamo di tutte quelle operazioni che non sono direttamente accostabili al giudizio dell’opera e alla sua critica, come possono esserlo la valutazione e l’editing, perché per quelle servono per forza occhi, sensibilità e capacità che non siano proprie dell’autore, se si intende giungere ad un risultato onesto e soddisfacente.

Arrivati a questo punto, crediamo sia chiara la differenza tra autore tradizionale e autore self. Ma facciamo ancora un piccolo sforzo e proviamo a capire chi non è un selfpublisher (anche se crede di esserlo).

Cosa non è un selfpublisher?

1) L’autore che pubblica il proprio manoscritto utilizzando una piattaforma self come farebbe un autore tradizionale con un editore, annullando di fatto (perché la piattaforma pubblica tutto senza fare selezione) la fase del giudizio, della critica e della valutazione dell’opera. E qui sì, che possiamo parlare di autoreferenza, non c’è alcun dubbio.

2) L’autore che mette in vendita la propria opera su Amazon, caricando un file word o pdf che non è passato per il giudizio o l’opera di terze persone, professioniste.

3) L’autore che pubblica la propria opera nei modi previsti dai primi due punti, senza avere la minima cognizione teorica o esperienza pratica diretta nel campo dell’editoria.

In conclusione, se pensate di aver scritto una buona storia e volete pubblicarla, le strade da percorrere sono due: inviare il manoscritto ad un editore oppure mettersi a studiare, reperire capitali da investire, costruire una squadra di collaboratori che vantino una buona esperienza e provare ad autoprodursi in maniera sana e intelligente.
Sappiate che entrambe le strade hanno la stessa probabilità di farvi diventare famosi o di illudervi in maniera subdola. È solo una questione di scelte, opportunità e, sopratutto, attitudine.