creare personaggi

Come far parlare i personaggi?

La parola ai nostri autori


articolo di
Andrea Micalone

Una delle sfide più complesse da affrontare quando si decide di scrivere è la costruzione di un dialogo che suoni realistico. È difatti noto che in un’opera poco riuscita (romanzo, film, serie tv) uno dei primi elementi di cui ci lamentiamo è proprio lo scarso realismo dei dialoghi.

Quando sentiamo un poliziotto esclamare “io lotto per la giustizia”, o magari un protagonista affermare “io combatto per l’amore”, nella maggior parte dei casi rabbrividiamo: avvertiamo subito il fetore di cliché che appesta la trama.

Ma come evitare il dialogo posticcio?

Una prima indicazione da non sottovalutare è quella di non inserire mai direttamente nei dialoghi i luoghi comuni. Questa, che sembra un’ovvietà, è una regola da estendere concettualmente al funzionamento stesso della trama. È cosa nota infatti che la narrazione ha due dimensioni, una orizzontale (il susseguirsi degli eventi) e una verticale (il “senso morale” di questi eventi, il loro “significato”, il loro “argomento”, ecc).

Noi avvertiamo il retrogusto di luogo comune non quando la trama è banale o il suo significato scontato (esistono infatti molte storie semplicissime, ma meravigliose: ad esempio “Il vecchio e il mare”, o “Lo Hobbit”, o “Pinocchio”), bensì quando la dimensione verticale è troppo spudoratamente evidente all’interno di quella orizzontale.

La differenza è sottile, ma c’è.

Faccio un esempio: quasi nel 100% dei polizieschi e dei gialli si può affermare che la dimensione verticale consista nella lotta tra giustizia e male, ma nonostante questo non tutti i gialli sono banali; lo sono soltanto quelli in cui questa contrapposizione affiora in modo lampante, come la struttura metallica interna di un edificio; in altre parole, quando l’investigatore esclama: “io lotto per la giustizia”.

È chiaro che una battuta del genere mette in mostra la dimensione verticale in modo tanto limpido da risultare noioso. Il lettore sa già che in fondo l’investigatore pensa questo, ma se glielo sente affermare spudoratamente, ai suoi occhi il detective si trasformerà nella parodia di se stesso.

Da questo deriva un fatto evidente: il dialogo, per essere interessante e realistico, non deve esprimere tutto il pensiero del personaggio, ma deve far affiorare solo una parte di esso, così come avviene nella realtà. Infatti nessuno di noi, quando parla, dice tutto quel che pensa; troviamo invece un continuo compromesso tra i nostri reali pensieri, l’educazione, la situazione, i sentimenti, ecc.

Nel momento in cui pensiamo a cosa avviene nella realtà, subentra però un secondo problema, ed è sufficiente fare un piccolo esperimento per scoprirlo.

Provate a registrare di nascosto un vostro dialogo con qualcuno (nei limiti della legge).

Quando riascolterete una simile registrazione, scoprirete che essa, se trascritta, è praticamente incomprensibile. In un romanzo sarebbe orribile.

Nella realtà, infatti, componiamo le frasi così come ci vengono al momento, facciamo enormi giri di parole, indichiamo oggetti, ci fermiamo, ricominciamo, facciamo smorfie e altri vari milioni di cose irriproducibili sulla carta (o meglio, riproducibili, ma superflue e ridondanti).

Se trascriverete il vostro dialogo, otterrete qualcosa tipo:

«Ho preso quella cosa…» indica le chiavi «Stavo uscendo, poi… no, ma che ora era? Forse stavo rientrando… insomma… sento un rumore…» Faccia sconvolta. «E invece tutto bene… il cane… che gioca con quel coso… »

Un romanzo scritto per intero in questo modo sarebbe illeggibile.

Ma se nei dialoghi del nostro libro i personaggi usano frasi come:

«Afferrai le chiavi, quando udii un suono misterioso e indistinto.»

Il lettore ci manderà lo stesso al diavolo, poiché nella realtà nessuno parla in questo modo (e se proprio volete far parlare così i personaggi, dovrete dargli delle ottime motivazioni per farlo). Occorre dunque trovare un compromesso tra questi due estremi: dovrete scrivere dei dialoghi irrealistici e precisi per mimare un modo di parlare realistico e impreciso.

Facile a dirsi…

È chiaro che soprattutto in questo ambito l’eterna regola è più che mai valida: più si scrive, più si legge, e maggiore sarà l’abilità nel creare i dialoghi.

Gli ultimi due consigli che vi lascio sono invece molto simili tra loro, ma è meglio distinguerli per illustrarli:

1 – Non fate mai dire a un personaggio esattamente ciò che pensa, bensì fate in modo che i suoi pensieri nascosti si intuiscano dalle parole (ora non sto parlando di dimensione verticale e orizzontale, ma di semplice deviazione dalla possibilità più ovvia). Questo accentuerà l’interesse del lettore.

Un semplice esempio:

Non:

Gianni disse alla ragazza: «Andiamo a casa mia.»

(Perché apparirà come il più miserabile dei marpioni)

Bensì:

Gianni disse alla ragazza: «So che è mezzanotte, ma vorresti venire a vedere la mia collezione di fucili?»

(estremo, assurdo, ma determina il carattere di Gianni; il lettore intuisce subito che: o Gianni ha fatto una battuta, oppure è una persona molto strana e forse anche pericolosa)

Insomma, ogni battuta di dialogo deve esprimere (o almeno tentare di farlo) più di quello che necessita alla trama: deve deviare sempre un poco, sconfessare le aspettative del lettore e, soprattutto, determinare il carattere del personaggio che parla.

2 – Se una battuta è scontata e non trovate modi migliori per inserirla (vedi consiglio 1), allora sostituitela con un gesto, oppure con qualche altra battuta che muti bruscamente la natura del discorso.

Ad esempio:

Non:

Gianni domandò alla ragazza: «Buona la pizza?»

E lei: «Sì, ottima.»

(È evidente che la risposta non serve a nulla. Al lettore non importa un fico secco di come sia la pizza.)

Bensì:

Gianni domandò alla ragazza: «Buona la pizza?»

E lei sorrise.

(Perché la ragazza sorride? Ha capito già a cosa mira Giovanni? Oppure la pizza è orrenda e non vuole dirlo? Oppure è sorda? Il lettore si pone queste domande ed è curioso di scoprire la ragione per cui lei sorride.)

Oppure:

Gianni domandò alla ragazza: «Buona la pizza?»

E lei: «Da quando hai due cellulari?»

(La mancata risposta su come sia la pizza, sostituita da una domanda diretta, fa entrare subito nel vivo la scena.)

3 thoughts on “Come far parlare i personaggi?

  • Nero su bianco

    Ottimo articolo, utile e divertente. Bravo.

    • Andrea Micalone

      Ti ringrazio molto!

  • Andrew Next

    OK.
    Sono il più miserabile dei marpioni.

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