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Chi sono gli autori Indie?

I primi risultati della nostra indagine sul loro profilo professionale e autoriale

Sabato 22 aprile nella sala Bodoni della prima edizione di Tempo di libri, SELFPQ e Extravergine d’autore hanno presentato alcuni dei dati più significativi relativi alla ricerca quantitativa sul fenomeno del Self Publishing, con l’intento di profilare gli autori italiani autopubblicati. L’indagine, condotta attraverso un questionario online che si rivolge direttamente agli autori, ha avuto inizio a gennaio 2017 e rimarrà aperta fino ad autunno inoltrato. Si tratta di uno studio esplorativo costituito da un questionario suddiviso in otto sezioni con domande chiuse a risposta multipla, attraverso un campionamento casuale. I dati si riferiscono alla compilazione di 248 questionari. All’incontro hanno partecipato: Nunzia Assunta D’Aquale, Michel Franzoso, Francesco Grandis, Margherita Melara, Cristina Mussinelli.

Le dimensioni analizzate dalla ricerca si riferiscono a diversi ambiti e precisamente: informazioni anagrafiche, piattaforme di pubblicazione e riscontri sulle varie fasi tecniche, la promozione online, i servizi editoriali, l’aspetto economico, le motivazioni che hanno spinto gli autori ad auto pubblicarsi e la tutela dei diritti d’autore.

L’analisi è stata illustrata confrontando i dati con una ricerca americana analoga condotta nell’ottobre del 2016 da Marie Force, una autrice indie di successo. Si è tentato di trovare eventuali connessioni e differenze tra la realtà USA e quella italiana.

Fino a ora non esistono indagini istituzionali sul settore sul Self Publishing in Italia, se non la ricerca presentata proprio dall’AIE in occasione della Fiera della Piccola e Media editoria di Roma Piùlibripiùliberi, basata sul codice ISBN dei titoli auto pubblicati, per cercare di quantificare economicamente il fenomeno. Noi stiamo cercando integrare i dati esistenti con questa prima ricerca quantitativa che si prefigge lo scopo di metterne a fuoco alcuni aspetti ancora nebulosi e lo stiamo facendo rivolgendoci direttamente agli autori indipendenti. Naturalmente questi risultati si pongono nell’ottica di una prima ricerca esplorativa, fondamentalmente descrittiva e non nutrono ambizioni rispetto alla produzione di spiegazioni di portata generale, piuttosto una tendenza del fenomeno.

Passiamo subito in rassegna i dati raccolti. Volendo tracciare un primo profilo degli autori indipendenti italiani, emerge che la maggioranza degli autori sono di sesso femminile, la percentuale si attesta intorno al 52,4% e facendo un confronto con i dati emersi dalla ricerca americana, le donne sono una percentuale molto maggiore, cioè intorno al 90%.

Riguardo all’età c’è un dislivello in quanto gli autori italiani sono più giovani, siamo intorno alla fascia di età 30/39, mentre in America l’età media è nella fascia 41/50.

Passiamo subito ai temi inerenti la pubblicazione vera e propria. Nel questionario sono state indicate le piattaforme di auto pubblicazione più note e la più utilizzata è risultata Amazon, con la sua piattaforma KDP, dedicata proprio agli autori. Anche in America risulta che molti autori fanno ricorso a KDP e usufruiscono di Kindle Direct Publishing Select, che permette di confluire nel catalogo Kindle Unlimited (KU).

Un altro dato interessante riguarda il genere scelto dagli autori. In Italia la Narrativa mainstream con il 25,7% conduce la classifica, seguita a ruota dal Fantasy e dal Thriller in percentuali identiche, 25,3%. Il Romance, genere più seguito e pubblicato in America con una percentuale che va oltre il 60%, in Italia si assesta intorno al 20%. Consideriamo comunque che se si sommano le percentuali relative alla narrativa di genere (Fantasy, Thriller, Fantascienza e Romance) il totale supera ampiamente la Narrativa mainstream.

Riguardo i servizi editoriali possiamo notare che anche se il dato è bilanciato, tra chi utilizza i servizi editoriali e chi no, sia comunque in crescita rispetto al passato. Oggi molti autori si rivolgono a professionisti del settore o richiedono i servizi aggiuntivi che le piattaforme di pubblicazione offrono, per creare contenuti di qualità.

Nel corso delle nostre ricerche precedenti è infatti emerso che uno dei problemi principali generati dall’espansione del fenomeno è proprio quello dell’overload di contenuti che hanno saturato il mercato editoriale, peraltro già in forte crisi. Questa democratizzazione dell’accesso alla pubblicazione ha prodotto infatti molti contenuti scadenti in quanto molti autori, specialmente nella prima fase dell’esplosione del fenomeno, non si preoccupavano di confezionare un prodotto curato, nonostante il libro, l’ebook sia sicuramente un prodotto dell’industria culturale che va comunque curato sotto tutti i punti di vista. Il settore del Self Publishing si sta comunque professionalizzando e anche dai dati rilevati si rileva un cambio di atteggiamento dell’autore nei confronti dei servizi editoriali. Dai dati emerge che il servizio più richiesto è l’editing professionale, seguito dalla richieste di realizzazione delle cover e dalla correzione di bozze. Una parte consistente continua tuttavia a non utilizzare servizi e la motivazione principale è da attribuirsi al costo elevato

La nota dolente si riferisce ai guadagni. Ben il 96,9% dichiara di non potersi sostenere con i ricavi dei libri autoprodotti. Questa è la differenza più significativa che ci distingue dal mercato americano, dove sia pure con percentuali diverse, gli autori indipendenti riescono a coprire determinate spese e a togliersi qualche soddisfazione. Soltanto il 17% degli autori americani attende ancora un ritorno economico.

Il dato è confermato anche dal numero degli ebook venduto dagli autori: infatti la maggioranza, un 23,7% ha venduto meno di 20 copie e un 23,3% da 20 a 50 copie. Solo il 9,4% dichiara di aver venduto da 1000 a 5000 copie. La situazione americana però non è comparabile con quella italiana in quanto i dati sono basati su vendite giornaliere. Nel giorno medio infatti il 49% degli autori americani vende da 0 a 5 copie e soltanto lo 0,43% (8 autori) vende più di 1000 copie al giorno.

Riguardo le royalty la maggioranza, il 51,4% ha guadagnato da 0 a 50 euro. In America il 21% dichiara che gli introiti sono rimasti costanti, non c’è un chiaro riferimento alle royalty.

Un aspetto determinante riguarda le motivazioni che inducono gli autori indie ad autopubblicarsi. Il 48,9% dichiara di aver scelto il Self Publishing per essere un autore indipendente, mentre il 21% lo fa perché non ha trovato un editore disposto a pubblicare il suo libro, ma c’è anche un consistente 20% che dichiara di scrivere soltanto per hobby. In America la situazione è diversa in quanto siamo già oltre determinate problematiche e l’autore semplicemente si autopubblica perché intende conseguire maggiori guadagni e come seconda opzione ha quella di mantenere il completo controllo della propria opera.

Questi dati raccolti ci permettono senz’altro di fare delle considerazioni generali e tentare un primo confronto con il mercato americano.

• Negli Stati Uniti, dove l’autopubblicazione si è diffusa molto prima (si parla del 2009) con l’avvento dei dispositivi digitale Kindle e Nook, il mercato dei libri elettronici è sicuramente più sviluppato, sia per la grande estensione territoriale sia per l’ampiezza del mercato in lingua anglofona.

• Anche l’alfabetizzazione digitale gioca un ruolo primario, dato che secondo le statistiche Istat del 2016 tra le famiglie resta un forte divario digitale da ricondurre soprattutto a fattori generazionali e culturali: sebbene oltre due terzi delle famiglie italiane dispongono di una connessione a banda larga (67,4%), restano ancora ampi i margini di sviluppo per la diffusione e l’utilizzo del web. La maggior parte delle famiglie che non hanno accesso ad Internet da casa riporta la mancanza di competenze come principale motivo del non utilizzo della Rete (56,6%) e quasi un quarto (23,6%) non considera Internet uno strumento utile e interessante.

• Negli USA si assiste a una consistente femminilizzazione del fenomeno in quanto a scrivere e a pubblicare sono maggiormente le donne e questo può anche spiegare come mai, specialmente in America, sia il Romance il genere più venduto e anche in Italia il mercato riferito alla narrativa rosa è molto ampio.

• Riguardo ai guadagni il dato non è confrontabile in maniera diretta, ma dalle risposte si evidenzia che gli autori americani riescono a soddisfare maggiormente alcuni bisogni secondari, come i viaggi, mentre in Italia soltanto una piccolissima percentuale dichiara di potersi sostenere con la scrittura.

Volendo in sintesi definire l’identikit degli autori indipendenti si può far riferimento ad alcune parole chiave.

• OPALESCENZA: Ricerche precedenti hanno attinto a dati oggettivi, come per esempio il codice ISBN dei libri auto pubblicati, ma occorre considerare che non tutti i libri sono provvisti di codice e non tutti i libri vengono distribuiti dai canali ufficiali. Inoltre i principali distributori, come Amazon, non rendono pubblici i dati delle vendite.

• AMAZON: risulta la piattaforma più utilizzata, con circa l’85% di titoli auto pubblicati. Amazon non diffonde alcun dato e le statistiche ufficiali non vanno a censire minimamente questo fenomeno. Alcuni dati sono noti grazie al lavoro di ricerca di AuthorEarnings, un gruppo di autori indipendenti, che durante la conferenza internazionale che si è tenuta a New York dal 17 al 19 gennaio, la Digital Book World, ha presentato alcuni dati interessanti riguardo il mercato editoriale statunitense che si riferiscono alle vendite avvenute su Amazon. Il più grande bestseller degli ultimi dieci anni, Cinquanta sfumature di grigio, è di un’autrice autopubblicata. Oltre 40 autori autopubblicati hanno venduto più di un milione di copie negli ultimi cinque anni sul Kindle Store. Un terzo dei 100 titoli più venduti ogni settimana su Amazon sono di autori autopubblicati. Nel 2016 Amazon ha pubblicato 4 milioni di titoli digitali di cui il 40 per cento sono di autori autopubblicati.

• NARRATIVA: i libri più venuti appartengono alla Narrativa Mainstrem, seguiti dai generi Thriller, Fantasy e Romance, che sommati dominano il mercato. Quindi la Narrativa di genere è in crescita rispetto alla Narrativa Mainstream, tendenza confermata anche dal Rapporto sullo stato dell’editoria 2016 a cura dell’AIE, secondo il quale la narrativa rappresenta un titolo su due nel 2015.

• PROFESSIONALIZZAZIONE: anche se le percentuali tra chi utilizza i servizi editoriali e chi preferisce farne a meno è quasi bilanciata, sempre più autori si rivolgono a professionisti del settore in quanto è oramai chiaro che l’autopubblicazione non è a costo zero. L’editing è il servizio più richiesto, anche se sono in molti a rinunciare per il costo considerato elevato e non tutti dispongono di adeguate risorse economiche.

• ESIGUITÀ: incrociando i dati inerenti i guadagni, le copie vendute e le roylaties appare chiaro che gli autori non riescono a sostenersi con l’attività di scrittura.

• INDIPENDENZA: è la parola chiave più significativa ed è la motivazione principale che spinge gli autori ad auto pubblicarsi.

Questa prima analisi dei dati raccolti ci mostra che il fenomeno del Self Publishing si presenta in costante crescita ed è oggetto di una lenta ma inarrestabile metamorfosi, che sta trasformando il profilo dell’autore indipendente in un vero e proprio imprenditore. Gli autori che decidono di auto pubblicarsi seguono l’intero ciclo di vita della propria opera, che include la realizzazione del contenuto, la sua pubblicazione e la relativa promozione. L’autore si fa carico di tutti gli oneri che ne conseguono, sostituendosi di fatto all’editore tradizionale per gestire in prima persona tutti gli aspetti inerenti la propria opera. Soprattutto l’autore è consapevole che il Self Publishing professionale non può essere a costo zero e che il lettore merita grande rispetto e soltanto l’offerta di un contenuto di alta qualità è in grado di creare fidelizzazione e soprattutto smantellare gli innumerevoli pregiudizi che gravano sugli autori indipendenti.

Il self publishing del futuro

DISINTERMEDIAZIONE: l’assenza della mediazione è un fenomeno che ha coinvolto non solo la scrittura, ma molte altre forme di espressione creativa, come per esempio la musica, questo soprattutto grazie all’avvento del web e quindi delle piattaforme di autopubblicazione che hanno permesso a milioni di utenti di potersi esprimere raggiungendo una platea pressoché globale. Nel campo dell’editoria questo è stato possibile grazie ad Amazon.

AUTO EDITORE: Il self-publishing è un modello editoriale in cui la figura dell’autore e quella dell’editore coincidono. Il self-publisher gestisce tutte le fasi di realizzazione di un prodotto editoriale (libro) dalla sua ideazione iniziale fino alla sua promozione nel mercato. Per questo motivo il mestiere del self-publisher racchiude in sé tre ruoli: autore, editore e imprenditore.

RISORSE: anche se lo scrittore è una figura imprenditoriale non vi è rischio di impresa. Per iniziare l’attività di scrittura non c’è bisogno di un capitale iniziale e non è necessario investire ingenti disponibilità economiche.

PROMOZIONE: gli autori indie provvedono a promuovere la propria opera, utilizzando i numerosi strumenti della rete, instaurando un contatto diretto con i lettori.

BARRIERE: Con l’abbattimento delle barriere all’ingresso al mercato editoriale legato all’avvento del digitale stiamo assistendo alla nascita di miriadi di iniziative editoriali, anche molto piccole, anche atomiche, come avviene nel self publishing.

E questo ha un unico grande, grandissimo effetto: l’ampliamento delle necessità di servizi editoriali e para-editoriali che possano supportare queste iniziative. È possibile far parte della rinascita e del rifiorire di una molteplicità di mestieri, da quello dell’editor, al grafico, al traduttore e così via, stavolta con una platea di clienti molto più ampia e variegata di quella passata, ed è qui che si annidano le nuove possibilità professionali per chi vuole intraprendere un mestiere nell’editoria ed essere al passo con i tempi e le necessità del mercato.”

7 thoughts on “Chi sono gli autori Indie?

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  • newwhitebear

    I dati coincidono quasi totalmente con la percezione che ho del self publishing. Per vendere bisogna offrire un prodotto buono. L’auto pubblicazione non è a costo zero e pareggiare le spese con i guadagni è pressoché impossibile, viste le dimensioni del mercato letterario italiano. Volendo puntare sul mercato americano o anglofono richiede un’ingente iniezione di capitale per tradurre la propria opera. Per chi non è un bilingue perfetto è come scalare a mani nude una parete liscia.

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  • Loris Zacchi

    Premesso che anche quel 3% che dichiara di sostenersi economicamente col self-publishing sta mentendo spudoratamente, trovo inappropriato parlare di “autori indie”. Autori indie sono quelli che pubblicano con case editrici indipendenti. I self-publisher – tolti ovviamente coloro che producono un tipo di testo così di nicchia da essere più adatto al SP che all’editoria – sono dilettanti un po’ ingenui che credono di aver trovato una soluzione, e sono caduti in una trappola, dato che credendosi “pubblicati” non lavoreranno per migliorarsi. Il fatto che il SP generi profitti sugli autori (con i servizi annessi) e non sulle vendite ai lettori basta a qualificarlo come non-editoria.

  • Francesco

    Mah, a me questo commento pare molto superficiale. Si può discutere sulla definizione di “autore indie”: è facile, e possibile, associarlo a chi pubblica con una casa editrice indie. Trovo però che un autore che pubblichi con un editore indipendente non si possa in realtà dire più indipendente di un altro che abbia invece pubblicato con una casa editrice di un gruppo editoriale. Perché mai l’autore, in questo caso, dovrebbe essere definito “indipendente”? Indipendente da cosa? In cosa? L’aggettivo si adatta di più, invece, a quegli autori che devono gestire tutto il lavoro e il processo editoriale riguardante la loro opera, dalla scrittura alla revisione alla pubblicazione alla promozione alla vendita, come sono i self publisher. A mio avviso, quindi, “autore indie” può ben descrivere un self publisher (che, ad esempio, può decidere in maniera indipendente la copertina, il prezzo di vendita, il font, la struttura da dare al proprio libro – se vuole può pubblicarlo anche scritto alla rovescia). Ma si può anche discuterne, non credo comunque sia elemento così importante.
    Per quanto riguarda, invece, i successivi commenti, non riesco a trovarne il senso. Su quel 3% dobbiamo ovviamente fare professione di fede, così come dobbiamo farla sui numeri di vendita forniti dagli editori, ad esempio. Prendiamoli con le pinze un po’ tutti i dati, non si può mai giurare sulla loro veridicità. Anche a me sembra un dato eccessivo, ma è anche possibile: nel self publishing “basta” vendere poche migliaia di copie per avere guadagni più che dignitosi, a differenza dell’editoria tradizionale. A parità di copie vendute un autore self guadagna molto, molto di più (anche dieci volte tanto) rispetto a un suo collega pubblicato da un editore. Ovvio, mica è facile arrivare a certi numeri.
    Per quanto riguarda, invece, la definizione dei self publisher come, cito, “dilettanti un po’ ingenui che credono di aver trovato una soluzione e sono caduti in una trappola” mi chiedo su cosa si regga. Molti sono dilettanti? Certo. Molti sono ingenui? Certo. Ma perché mai dovrebbero essere “caduti in una trappola”? Perché credendosi pubblicati non lavoreranno per migliorarsi. Ma per quale motivo dovrebbe essere così? Ci saranno autori che si accontenteranno (magari convinti di aver scritto il capolavoro che nessuno capisce) e altri che invece continueranno a lavorare per migliorarsi. Così come ci sono autori che hanno pubblicato tramite editori tradizionali e si sono sentiti arrivati, e altri che hanno continuato a lavorare per migliorarsi. Dipende dalla personalità e dalla sensibilità di ognuno; mi sembra una generalizzazione insensata.
    Il “fatto” poi che nel SP si guadagni sull’autore e non sulle vendite, su quali evidenze si baserebbe? Chi non guadagna sulle vendite ma “sull’autore” sono le stesse figure che anche nell’editoria tradizionale vengono pagate per il loro lavoro con uno stipendio fisso o comunque, nel caso di collaboratori esterni, con una cifra concordata e non dipendente dal risultato delle vendite: redattori, correttori, grafici. Il procedimento è lo stesso, solo che qui non è l’editore a pagarli ma l’autore stesso.
    Gli autori, le piattaforme, le librerie online, su cosa dovrebbero guadagnare, se non sul venduto?

  • Lucrezia_Monti 📚 (@justLucreziaM)

    Articolo molto interessante e davvero ricco di spunti di riflessione.
    Vi ringrazio per aver acceso i riflettori sul “fenomeno del self-publishing”, in gran parte ancora poco noto in Italia, attraverso questo approfondimento.
    Non sono d’accordo con quanto asserisce Loris Zacchi nel proprio commento: io ho scelto il self publishing per una mia indipendenza – fatto, questo, che mi accomuna agli indie – e non ho mai contattato una casa editrice proponendole il mio romanzo d’esordio, né il successivo. Non perché io sia una “dilettante un po’ ingenua”, ma per una mia precisa decisione professionale presa all’epoca delle pubblicazioni.
    Concordo invece, prevedibilmente, con quanto scritto da Francesco e, pur non potendo certo parlare per tutta la categoria ma soltanto per me stessa, mi sento di garantire che la scelta di pubblicare attraverso il self-publishing non ha ridotto neppure di un briciolo il mio desiderio di migliorarmi sempre, offrendo alle mie lettrici un prodotto valido e che consentisse loro di trascorrere momenti piacevoli in compagnia dei miei racconti.

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