Alice non lo sa
Carmen Laterza
«Mamma, mamma, guarda!» Alice le corse incontro saltellando, mentre Roberta spingeva con la schiena la porta di casa e si affacciava con le mani cariche di borse della spesa.
«Mamma, guarda» ripeté Alice, «questo dente dondola. Me lo tiri?»
Alice seguì la madre fino in cucina mostrando il suo incisivo superiore che dondolava vistosamente.
«Alice, ti prego» disse Roberta, «non vedi che ho da fare? Vai fuori in macchina e portami dentro la borsetta, per favore. L’ho lasciata sul sedile dell’auto.»
Continuando a saltellare Alice uscì sul vialetto di casa e prese dall’auto ancora aperta la borsetta della madre.
«Ecco» disse rientrando in casa, «adesso me lo tiri? Dai, tirami il dente così stanotte passa il topolino!»
Roberta si girò di scatto a guardare la figlia.
«E chi te l’ha detta questa storia del topolino?»
«Me l’ha detto Marianna. A lei sono già caduti tutti e due i denti di sopra!»
«Incisivi, si chiamano incisivi.»
«Incisivi…» ripeté lentamente Alice, come a voler memorizzare quel nuovo termine.
Roberta riprese a sistemare confezioni e barattoli tra il frigo e la dispensa.
«E cosa ti ha detto del topolino?»
«Mi ha detto che ogni volta che cade un dente bisogna metterlo sotto il cuscino e durante la notte passa il topolino, si porta via il dentino e in cambio lascia una moneta.»
Gli occhi di Alice brillavano all’idea del tesoro nascosto che l’aspettava.
«Ma sei sicura?»
«Certo, mamma! L’ha detto anche Giulia!»
«Ah, ecco, se l’ha detto anche Giulia! Ma perché, anche Giulia ha già perso i denti?»
«No, Giulia no» rispose Alice dondolandosi da un piede all’altro, «ma gliel’ha detto sua sorella che è più grande.»
«E tu, hai chiesto a tuo fratello?»
«No. Cioè, io volevo chiederglielo, ma lui non mi ha fatto entrare in camera sua.»
Roberta scosse la testa sconsolata.
«Allora, me lo tiri?» insistette Alice.
«Mamma mia, Alice, sei un tormento! Lasciami lavorare, non vedi che ho da fare? E poi i denti non si tirano. Bisogna lasciare che cadano da soli.»
«Ma senti come si muove! Manca poco!»
Alice si avvicinò alla mamma, reclinò la testa all’indietro e spalancò contemporaneamente bocca e occhi, come se fosse lei a dover guardare bene i propri denti.
Roberta con un sospiro appoggiò sul tavolo il pacco dello zucchero e accarezzò il mento di sua figlia.
«Va bene, dai, fammi vedere. Sì, si muove» disse mentre toccava leggermente il dente ballerino, «ma non abbastanza.» Poi spettinò i capelli biondi di Alice e concluse: «Questo dente non è pronto, ci vuole ancora del tempo, magari cade domani o dopodomani, lascialo stare.»
«Ma no, mamma, dai… Tiramelo!» Alice si riprese dalla posizione di ispezione e fece finta di piagnucolare.
«Quando arriva il papà lo chiedi a lui. Io non ho il coraggio.»
All’improvviso un sibilo acuto e penetrante squarciò l’aria e Alice e Roberta si misero istintivamente le mani sulle orecchie.
«Oddio, cos’è?» gridò Roberta.
Fu questione di un attimo. Il rumore sparì così come era arrivato.
«Forse sono i nuovi strumenti di Riccardo» disse Alice. «Oggi è venuto Giovanni e gli ha portato una grande cassa.»
«Riccardo!» Roberta gridò affacciandosi dalla porta della cucina verso il corridoio, ma non ebbe nessuna risposta.
«Quel figlio mi farà ammattire!» bisbigliò Roberta ritornando verso i fornelli.
Alle sue spalle comparve ciondolante Riccardo, con le gambe fasciate in jeans strettissimi, le mani infilate nelle tasche di una felpa scolorita e un paio di cuffie intorno al collo.
«Sì, Ma’, che c’è?» disse entrando in cucina.
«Ah, sei qui» Roberta si voltò di scatto. «Come, che c’è? Te lo chiedo io, che c’è! Cos’era quel frastuono?»
«Era l’amplificatore. Scusa, era rimasto il volume a palla.»
«E da quando hai un amplificatore?»
Il tono di Roberta era palesemente seccato. Aprì il frigo, tirò fuori un piatto con un pacchetto avvolto in carta per alimenti e lo appoggiò bruscamente sul piano di lavoro. Scartò l’involto e separò le fettine di pollo ancora leggermente congelate.
«Me l’ha portato John oggi» rispose Riccardo appoggiandosi allo stipite della porta. «È venuto a provare.»
«John?» Roberta si girò a guardare il figlio.
«Sì, Ma’, Giovanni, lo sai, si fa chiamare John.»
«E lui si fa chiamare Rick!» intervenne allegra Alice.
Roberta fulminò Alice con lo sguardo e le spense il sorriso che aveva sulle labbra.
«Taci, Wonderland, non ti impicciare!» replicò Riccardo scontroso.
«John, Rick, Wonderland, ma si può sapere cos’è questa mania di cambiare i nomi?» chiese Roberta.
«La nonna lo fa sempre e a lei non dici niente. Perché a me devi rompere le palle?»
Riccardo si girò e si avviò verso camera sua con la stessa flemma con cui era comparso.
«Ehi, attento a come parli, signorino!» gli gridò la madre alle spalle. «Hai fatto i compiti?»