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Lo Straniero

(Le Cronache di Neiuar Vol. 3)

Isabel Giustiniani

Capitolo 1

Terre del Sud, Kalimat, palazzo dell’al-Wzyr
Anno 3631 dell’Era del Sacro Fondatore
Quinto giorno del mese di Uryab

Althea

L’incensiere pende sull’alcova, spandendo fragranze di fiori e di spezie. Sono odori penetranti, che impregnano l’ambiente e mi solleticano il naso, mescolandosi a quelli più acri di sesso e sudore.

Lo guardo, distratta, mentre faccio scorrere con dolcezza le dita sulla sua schiena, accompagnandone le spinte. Ha smesso di parlare e ora ansima con bassi grugniti, ma ormai ha già detto tutto quello che volevo sapere.

Il bastardo geme, contraendo ogni muscolo nello spasmo del piacere e io ne ho abbastanza: gli serro con forza la testa tra le braccia e trasformo l’abbraccio d’amante in una morsa senza scampo. Lui, l’al-Wzyr, non ha neppure il tempo di accorgersene. L’osso del collo emette uno schiocco sordo nel momento in cui si spezza e il corpo flaccido compie ancora un paio di sussulti, prima di ricadere su di me.

Mi libero della massa inerte e sudata facendola rotolare di lato, e scivolo fuori dal talamo. Indugio solo un istante sugli occhi sbarrati del cadavere che fissano il soffitto: c’è una curiosa espressione di stupore immortalata che mi fa sorridere. Il vecchio porco ha squarciato il velo del supremo dei piaceri solo per trovarvi il ghigno della Morte ad attenderlo. Se le emozioni facessero ancora parte della mia vita, mi fermerei a prenderlo a calci, a insultarlo sputandogli addosso tutto il mio odio, ma ciò che m’interessa, ora, è soltanto uscire da qui. E in fretta.

Nonostante mi faccia perdere momenti preziosi, devo fermarmi a raccogliere i capelli in una treccia perché non mi siano d’intralcio durante la fuga, ma non vedo l’ora di sbarazzarmi anche di questo fastidioso orpello di seduzione, insieme al passato. Condurre l’esistenza in funzione della vendetta mi sta svuotando e inaridendo tanto quanto il male che mi è stato fatto e io voglio ricominciare a vivere.

Raccolgo la veste di seta sottile fino alla trasparenza e mi rivesto in fretta: gli effetti della pozione non dureranno ancora a lungo e presto i capelli corvini e la mia pelle scura torneranno al pallore delle genti del Nord, rendendomi più riconoscibile di un corvo bianco. Come lo farebbero le cicatrici da schiava, se non fossero accuratamente nascoste sotto ai larghi bracciali. Nel sistemarli, mi ritrovo a massaggiare inconsciamente i polsi come se mi dolessero ancora per le ferite inferte dalle catene e mi chiedo se mai riuscirò a lasciarmi il passato alle spalle, nonostante le fiamme abbiano divorato il Giardino della Luna da più di un anno e io abbia braccato sino alla morte tutti coloro che mi hanno violentato fin da bambina.

Completo la vestizione avvolgendomi un drappo attorno alla vita per sottolinearne la sottigliezza e mettere in risalto i seni, già ammiccanti dietro il velo d’organza: due buoni argomenti per distrarre le guardie.

Avanti, Althea, questo è l’ultimo lavoro e poi avrai denaro sufficiente per lasciare Kalimat per sempre.

Sono alla bifora che domina l’ambiente, ormai inondato della luce dorata del tramonto. Non perderò tempo prezioso nella ricerca della teca nascosta né nel trovare il modo di aprirla: il bastardo mi ha confidato come farlo. Sorrido al pensiero dell’inespugnabilità del palazzo e al numero delle guardie armate che lo sorvegliano.

Stupido. Quanto si era vantato, affermando che per violare le mura del suo palazzo non sarebbe bastato un esercito! E aveva ragione. Non sarebbe servito un esercito, ma una sola donna.

Non ci metto molto a trovare l’incavo dal quale estraggo la piccola chiave d’oro. L’oggetto brilla per un istante nel palmo della mano, come volesse salutare la mia vittoria. Il mosaico ricopre la parete opposta della stanza, uno splendido arabesco realizzato con un sorprendente numero di tessere di legno dipinto, ma rimuovo con sicurezza un preciso tassello.

Dopo lo scatto della serratura nascosta, la porticina si apre, docile davanti ai miei occhi, rivelando il prezioso contenuto.

Il tesoro di Qoryn!

Estraggo la pergamena e la nascondo all’interno della fascia stretta in vita, affrettandomi a richiudere la teca e a riporre la chiave, sperando così di ritardare il più a lungo possibile la scoperta del furto.

«Be’, tesoro, non puoi certo rimproverarmi di non averti fatto godere da morire» sibilo al corpo immobile che continua a guardare il soffitto.

Mi avvicino e lo rimbocco con il lenzuolo, sistemando sul letto anche alcuni cuscini damascati. Completo la messa in scena coprendomi il capo con un velo e lasciando scoperti soltanto gli occhi, accuratamente truccati. La moltitudine di ninnoli cuciti sulla stoffa tintinna a ogni movimento.

Sono pronta: è tempo di concludere la recita.

Mi avvio con passo deciso verso la porta della camera, fermandomi solo il tempo di prendere un lungo respiro e raccomandarmi al Sacro Fondatore, quindi l’apro.

Le guardie ai lati dell’ingresso si volgono repentine ma, prima che possano fare un passo o sbirciare all’interno, richiudo le ante alle mie spalle. Come una bambina che a stento trattenga il pianto, attacco quindi con voce petulante: «Mi ha ordinato di… di sparire! Capite? S-p-a-r-i-r-e! Dice che è stanco di sentire la mia insopportabile voce che racconta solo sciocchezze e… e… e che ora vuole che lo lasci in pace a dormire!»

I soldati si scambiano un’occhiata complice mentre altri, in fondo al corridoio, sogghignano apertamente. Un uomo indossante la divisa da capitano delle guardie si stacca da loro per venire a sincerarsi della situazione, seguito da due uomini.

«Ma…» riprendo in tono ancora più stridulo, dopo avergli indirizzato una rapida occhiata, facendo scendere tempestive lacrime sulle guance, «mi… mi aveva promesso che mi avrebbe fatto cenare con lui a palazzo e… e… che…»

«Mia gentile signora,» mi interrompe il capitano, sfoggiando un sorriso affabile e beffardo allo stesso tempo. «Sono certo che il nobile al-Wzyr farà tutto ciò che vi ha promesso, ma a tempo debito. Ora è meglio che venga lasciato riposare, secondo i suoi desideri. Voi due, presto! Accompagnate la signora alla porta.»

L’uomo fa un cenno alle guardie alle sue spalle mentre, prodigandosi in un inchino plateale, scorre lo sguardo in modo sfacciato sulle forme che la mia veste sottile non mortifica affatto.

Fingo di protestare ma poi, con studiato cipiglio, mi volto indignata e mi avvio ancheggiando lungo il corridoio.

Quando la porta della residenza del primo ministro del midar si apre e la luce e i rumori della piazza mi investono, ho l’impressione che il cuore riprenda finalmente a battere. Ancora poco e sarò salva: i venditori stanno impacchettando le merci invendute e solo pochi ritardatari si aggirano tra i carretti e i banchi che vengono smontati, ma per fortuna c’è ancora abbastanza movimento perché possa far perdere le mie tracce.

«Adesso vai. Torna più tardi, quando finisco il turno. Qualcosa da mettere in bocca te lo offro io» sogghigna una delle guardie, congedandomi con una piccola sculacciata.

Mi giro di scatto e ringrazio il Sacro Fondatore di essere disarmata, altrimenti l’istinto mi avrebbe portato a colpire quell’uomo alla gola prima che la ragione riuscisse a impedirmelo. Raddolcisco lo sguardo, mutando il disprezzo in una strizzatina d’occhio.

Mi allontano in fretta, mescolandomi alla gente e concedendomi finalmente un sorriso di soddisfazione.

Ma ho cantato vittoria troppo presto.

Non ho ancora raggiunto le vie laterali che grida confuse mi sorprendono alle spalle. Sulle altre, sovrasta quella che sbraita annunciando la morte dell’al-Wzyr.

Non così presto, dannazione!

Il cuore perde un colpo e, nello spazio di quel battito, la calma di una tranquilla fine giornata di mercato si dissolve.

Mi ritrovo tra gente urlante che fugge in tutte le direzioni, spaventata e spintonata dai soldati che si stanno riversando fuori dal palazzo come un torrente in piena, travolgendo ogni cosa incontrata nel percorso.

«Fermate quella puttana!» sento sbraitare la voce del capitano delle guardie.

Merda!

Schizzo via dalla piazza con l’agilità di una gatta per cercare la salvezza attraverso le vie più defilate. Scarto dentro l’occhio di un portico quando mi accorgo che la strada davanti a me già brulica di armati: non posso più seguire il piano prestabilito e non mi resta che cercare vie di fuga ovunque se ne presentino.

Corro a perdifiato, cambiando spesso direzione e trovandomi infine invischiata nel labirinto della vecchia casbah. Spintono, per farmi spazio, i pochi passanti che incrocio ma, dopo una curva, finisco a terra per aver cozzato contro un uomo incappucciato dalla figura massiccia, che sembra non aver neppure accusato il colpo.

«Vogliate perdonarmi, mia signora. Vi siete fatta male?» si scusa lo sconosciuto, chinandosi e tendendomi la mano. Il suo volto è seminascosto dal mantello, ma riesco a intravedere le cicatrici che gli segnano le guance.

«Lasciami!» gli strillo contro, schiaffeggiandogli la mano per allontanarla.

Le voci delle guardie sono ormai dietro l’angolo. Scatto in avanti ma devo fermarmi poco dopo, davanti all’alto muro di quello che si rivela essere un vicolo cieco. Mi volto, ansimante, sperando in uno spiraglio di fuga, ma il gruppo di soldati ha già sbarrato l’unica uscita.

Merda, merda, merda!

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Lo Straniero
(Le Cronache di Neiuar Vol. 3)

Isabel Giustiniani

lo straniero
Leggi l'anteprima

Tutto ciò che possiede l’uomo senza memoria, risvegliato dalla Tessitrice di Sogni, è il nome del macellaio del Laboratorio, chiave di volta per far luce sul proprio passato.

Sotto la nuova identità di Bardo, e con l’unica certezza di non appartenere al mondo di Neiuar, l’uomo raggiunge la capitale dei Cinque Regni in occasione della più grande celebrazione in onore dell’imperatore. Il suo cammino si incrocia con quello dell’ex prostituta bambina Althea, della principessa fuggiasca Robin e del capitano delle guardie Jason, quest’ultimo incaricato da un subdolo ministro di scovare le tracce di Robin tra gli intrighi di una corte reale ormai sprofondata in una spirale di vizio, inganni e inconfessabili segreti.

Ma qualcosa di più spaventoso sta per abbattersi sulla Festa della Devozione e sui nobili invitati giunti da tutti i Regni: un orrore strisciante, trattenuto dal mondo dei morti, si aggira nella notte come un’ombra famelica.

Il Bardo lotterà per scoprire la vera identità della sua nemesi e contrastarne il terribile progetto, ma sarà disposto a perdere se stesso e a calpestare tutto ciò che gli è caro per arrivare alla verità?

L'autrice

giustiniani

Proveniente dal settore informatico ma con una mai sopita passione per la storia, Isabel Giustiniani, dopo un quinquennio trascorso in Portogallo, vive attualmente in Australia ai margini della rainforest condividendo gli spazi casalinghi con figli, marito, cane e ospiti indigeni erranti quali gechi, pappagalli, possum e - purtroppo - ragni.
Fondatrice di storiedistoria.com, si dedica in prevalenza alla narrativa storica ma ama spaziare anche nel fantasy/sci-fi. La potete trovare, oltre che sul blog Storie di Storia, sul suo sito personale di autore.

Il suo sito web
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Perché l'abbiamo scelto

Una trama indovinata, moderna e credibile, valorizzata da una scrittura di qualità, da un ritmo incalzante: questi gli elementi che caratterizzano il nuovo romanzo della Giustiniani, la cui professionalità nel proporsi come autoeditore ormai ci è nota.

Una struttura di intrecci complessa, che si dipana solo nel proseguimento della lettura e con cui l'autrice dimostra ancora una volta di saper gestire con maestria i pesi della trama, arricchisce il romanzo e lo rende un fantasy di assoluto spessore.