Ogni buon scrittore esordiente, impegnato nella scrittura del suo primo romanzo, si è sicuramente ritrovato ad affrontare questo dilemma: come si usa la punteggiatura in un dialogo?
Esistono, infatti, tre possibili segni distintivi per visualizzare graficamente i dialoghi rispetto al resto del testo:
- Le virgolette alte o inglesi “…”
- I trattini lunghi –…–
- Le caporali «…»
Chiariamolo subito: non c’è un giusto e uno sbagliato. Tutte queste forme sono corrette e accettate, il loro uso è disciplinato solamente dalla politica editoriale di ogni singolo editore.
Vediamone quindi insieme qualche esempio, tratto dai principali editori italiani, e cerchiamo di scoprire qual è il loro corretto utilizzo.
Le virgolette
Generalmente preferisco evitare di usarle nei dialoghi, perché possono tornare utili per evidenziare altre parti di testo, ad esempio pensieri o citazioni. Ma ci sono molte case editrici che le usano.
Ne è un esempio la Bompiani, come vediamo in questa pagina tratta da “Shining” di Stephen King. Possiamo notare che:
- uno spazio separa le virgolette dalle lettere
- la punteggiatura è sempre all’interno delle virgolette
Anche in questa edizione della Feltrinelli di “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee i dialoghi sono delimitati dalle virgolette. Qui però possiamo notare che:
- non ci sono spazi tra virgolette e lettere
- la punteggiatura è sempre all’interno delle virgolette
I trattini
Questi segni sono spesso utilizzati dagli autori indipendenti, vista la facilità con cui si trovano sulla tastiera. Il loro utilizzo presenta alcune peculiarità, che possiamo notare anche in questa pagina de “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde in un’edizione della Rizzoli:
- il trattino viene sempre spaziato
- se la battuta non è seguita da reggenti, il trattino di chiusura non serve
- la punteggiatura è sempre all’interno dei trattini
Le caporali
Personalmente sono quelle che preferisco perché le ritengo più eleganti ma soprattutto perché consentono di mantenere libere le virgolette alte per segnalare citazioni o altro.
Spesso però vengono snobbate perché difficili da inserire. Sono un carattere speciale e non esiste infatti un tasto che ne consente l’inserimento veloce. Ma abbiamo visto qualche tempo fa come inserire i caratteri speciali velocemente quindi orma non hai più scuse.
Anche le case editrici sembrano preferirle, sebbene le regole sul loro utilizzo siano piuttosto varie, come evidente in questi tre esempi.
Sia la Adelphi, come vediamo in questa versione di “Siddharta” di Hermann Hesse, sia la Salani, qui con una pagina di “A me le guardie” di Terry Pratchett, seguono queste regole:
- la caporale viene sempre spaziata
- un punto esterno chiude ogni battuta
- se esiste un altro segno di punteggiatura, come il punto di domanda, questo resta all’interno delle caporali, senza precludere l’uso del punto esterno
Infine vediamo cosa fa la Mondadori, qui rappresentata da “Il signore delle mosche” di William Golding:
- la caporale non è spaziata ma resta attigua alle lettere
- la punteggiatura è sempre all’interno delle caporali
Insomma, come dicevamo all’inizio non esiste una regola univoca nell’uso della punteggiatura. La soluzione migliore per un autore indipendente è scegliere il simbolo che preferisce, magari ispirandosi a un editore, e scegliere di conseguenza le proprie regole, mantenendo la coerenza per l’intero libro.
Commenti
La mia personale sensazione è credo tu sia un professionista che ama ciò che fa.
Grazie mille Paolo, faccio del mio meglio… 🙂
Articolo interessante, che evidenzia bene l’assenza di regole certe in campo editoriale: praticamente ogni casa editrice decide a modo suo. 🙁
Nei libri letti nella mia infanzia ricordo che prevaleva l’uso del trattino spaziato.
Come autore l’ho usato anch’io all’inizio, per imitazione, soprattutto per la comodità di non dover inserire il trattino di chiusura. Usavo il trattino “meno” della macchina da scrivere, peraltro sbagliato secondo gli attuali usi editoriali,
Spesso però, soprattutto usando troppi incisi, capitava di perdere il filo del discorso e non capire più chi dicesse cosa.
Poi ho scoperto le caporali, credo con gli Oscar Mondadori, e adesso preferisco usare sempre quelle, non spaziate e con punteggiatura all’interno.
Un’autrice/lettrice anglofila tempo fa mi diceva che nei libri inglesi si usano molto le virgolette, certamente comode in fase di digitazione, ma a mio parere meno eleganti e funzionali. Meglio usarle solo per esprimere pensieri e citazioni.
Grazie Giovanni per la tua testimonianza.